VectoMax® FG: la soluzione biologica per il trattamento larvicida delle zanzare

Tra le novità del nostro catalogo 2018 spicca VectoMax® FG, la soluzione biologica per il trattamento larvicida.VectoMax® FG è un larvicida biologico di ultima generazione sviluppato attraverso la tecnologia BioFuse™; la formulazione e il processo di produzione sono brevettati e combinano i due principi attivi, a base di Bacillus thuringiensis subsp. israelensis (ceppo AM65-52) e Bacillus sphaericus (ceppo ABTS-1743), all’interno di ogni singola microparticella. Quando le larve di zanzara ingeriscono le particelle di VectoMax® FG, assumono una dose di entrambe le tossine in un rapporto attentamente selezionato.

Larvicida BIOLOGICO in granuli specifico per il controllo delle larve di zanzare.

VANTAGGI

Rapidità d’azione: i risultati possono essere valutati rapidamente in campo, controllo residuale (fino a 8 settimane) su diverse specie di zanzare. Può essere impiegato in presenza di acque pulite e/o inquinate. Azione specifica contro le larve di zanzare. Innocuo per l’uomo e gli organismi acquatici.

INSETTI BERSAGLIO

VectoMax® FG è un insetticida BIOLOGICO, ad azione residuale, che agisce per ingestione contro la maggior parte delle larve di zanzare appartenenti ai Generi AedesAnophelesCulexArmigeresCulisetaPsorophoraUranothaenia
Ochlerotatus.

DESTINAZIONE D’USO

Acque correnti (fossi e canali), lagune, stagni, acque di marea e paludi salmastre, bacini artificiali e naturali, acque di risaia, acque reflue, acquitrini e pozzanghere del sottobosco o da neve disciolta o travasi temporanei (inondazioni, irrigazioni), fosse settiche. VectoMax® FG può essere impiegato anche per il controllo delle larve di zanzare nei depositi di smaltimento/riciclaggio degli pneumatici e per il trattamento delle caditoie stradali. La forma, dimensione e densità dei granuli riducono la possibilità di deriva e consentono una buona penetrazione del prodotto in presenza di densa vegetazione.

Nuova classificazione dei rodenticidi Colkim

Vi ricordate l’articolo che avevamo pubblicato sulla nuova classificazione dei rodenticidi anticoagulanti?

Eccoci qui con le risposte:

1) Vi confermiamo che a partire dal 1° marzo 2018, tutti gli ordini di topicidi Colkim 50 ppm (principio attivo > 0,005%) verranno evasi con prodotti classificati conformemente al CLP, e riporteranno quindi la relativa classificazione in etichetta.
N.B. nel caso aveste a magazzino ancora qualche confezione di topicida non classificato, nessun timore, avete altri 6 mesi di tempo per utilizzarlo nei vostri servizi.

2) Siamo lieti di comunicarvi che sono disponibili anche i nuovi rodenticidi 25 ppm a base brodifacoum nelle formulazioni pasta fresca, blocchetti paraffinati da 10g e pellet micro!

Qui troverete le nuove Schede:

Nome commercialePrincipio attivoScheda di SicurezzaScheda Tecnica
BRODIM LIGHT PASTA Brodifacoum 0,0025% + Denatonio benzoatoSDSST
BROCUM LIGHT PELLET Brodifacoum 0,0025% + Denatonio benzoatoSDSST
BROCUM LIGHT BLOCCHI Brodifacoum 0,0025% + Denatonio benzoatoSDSST
BRODIM PASTA Brodifacoum 0,005% + Denatonio benzoatoSDSST
COLBROM PASTA Bromadiolone 0,005% + Denatonio benzoatoSDSST
COLDIF PASTA Difenacoum 0,005% + Denatonio benzoatoSDSST
BROCUM PELLET Brodifacoum 0,005% + Denatonio benzoatoSDSST
BROCUM PARAFFINATO Brodifacoum 0,005% + Denatonio benzoatoSDSST
DERATION PELLET Bromadiolone 0,005% + Denatonio benzoatoSDSST
DERATION PARAFFINATO Bromadiolone 0,005% + Denatonio benzoatoSDSST
RATKILL BLOX Difenacoum 0,005% + Denatonio benzoatoSDSST
RODIFEN SPEZZATO Difenacoum 0,005% + Denatonio benzoatoSDSST
RODIFEN FRUMENTO Difenacoum 0,005% + Denatonio benzoatoSDSST
RODIFEN AVENA Difenacoum 0,005% + Denatonio benzoatoSDSST

Le etichette sono disponibili nell’Area Clienti all’interno di ogni articolo.

21-22 marzo 2018, a Roma la X Conferenza nazionale della Disinfestazione

Si svolgerà a Roma il 21 e 22 marzo 2018 presso l’Auditorium Antonianum (via Manzoni, 1) la X Conferenza Internazionale sulla disinfestazione sul tema “Disinfestazione 4.0: raccogliere la sfida”. L’evento è promosso da ANID con il supporto delle imprese fornitrici associate. Il nuovo scenario che gli indirizzi dell’economia globale stanno proponendo si concentra sulla competitività delle imprese, su un più ampio benessere sociale, su di un equilibrio ambientale sostenibile, sull’innovazione e la ricerca: rappresenta, in sintesi, una strategia complessiva di innovazione nella gestione delle Imprese e nel mercato.

Il settore della disinfestazione e derattizzazione da molti anni ha intrapreso la strada dell’evoluzione tecnica e metodologica, cui ha fatto riscontro una crescita della domanda del mercato privato di tutto rispetto, in decisa controtendenza, sia in termini quantitativi che di qualità. L’evoluzione degli operatori del Pest Control, in tutta Europa ma specialmente in Italia, è stata fondata sulla formazione ed aggiornamento dei propri addetti: è stata e continua ad essere una vera e propria evoluzione culturale.

Il Pest Control nazionale è quindi saldamente partecipe del processo industriale noto come “Piano Nazionale  Industria 4.0”, con ciò indicandosi le opportunità legate alla quarta rivoluzione industriale: ne condivide pienamente le linee guida principali e soprattutto le azioni indicate:

– investire per crescere
– premiare chi investe nel futuro
– accelerare l’innovazione
– dare valore ai beni immateriali

La X Conferenza nazionale mantiene aperta quella finestra sulla professionalità, la sperimentazione e l’innovazione nel panorama internazionale del Pest Control che ha raggiunto, negli ultimi anni, con grande impegno di ANID, un punto fermo con la pubblicazione dello Standard UNI EN 16636.

L’iscrizione alla X Conferenza Nazionale sulla Disinfestazione è da effettuarsi esclusivamente online sul portale ANID www.disinfestazione.org. Le iscrizioni sono aperte.

Rubrica di Roberto N.5: Cimice: un nome che terrorizza

Molto spesso sentiamo parlare in maniera anche allarmante di cimici e della loro inquietante presenza in ambienti domestici e non solo. Frequenti segnalazioni di questo tipo tengono impegnati, per gran parte delle loro ore lavorative, i disinfestatori che con sapiente pazienza e professionalità si trovano a fronteggiare situazioni a volte anche molto complesse.

Se proviamo solo per un attimo ad immaginarci profani dell’argomento, all’udire il suono derivante dalla pronuncia del termine “cimice” potremmo essere percorsi da un leggero brivido di disgusto per la quasi inevitabile associazione “insetto-spia”, come di un qualcosa che si insinua in segreto nella nostra intimità contaminandola.

L’idea di attribuire un titolo così eccessivamente forte per identificare un gruppo di insetti parassiti appartenenti al numeroso Ordine degli Emitteri (o Rincoti) è nata a seguito della lettura di un articolo che racconta di uno spettacolare incidente avvenuto nella periferia di Novara, dove una donna era al volante della sua auto, quando ad un tratto una cimice fa il suo ingresso all’interno dell’autovettura procurando uno choc alla cinquantenne, facendole perdere il controllo. La vettura è finita contro un’altra auto parcheggiata a bordo strada e si è ribaltata. Fortunatamente la donna ne è uscita completamente illesa, ma porterà per sempre nella mente il ricordo della visione fatalistica dell’insetto e della sua conseguenza.

Al di là della loro cattiva reputazione, vengono chiamati comunemente cimici quegli insetti emitteri che appartengono al Sottordine degli Eterotteri. L’utilizzo di tale terminologia, in realtà, sarebbe poco appropriata se consideriamo che le vere e proprie cimici sono quelle appartenenti alla famiglia Cimicidae, come le ben note ed ematofaghe Cimici dei letti (Cimex lectularis), riconoscibili per le loro minute dimensioni e per la forma del corpo appiattito dal profilo tendenzialmente ovale ed oblungo. Accanto a queste, per estensione, vengono chiamate cimici anche molte delle specie fitofaghe che possiedono invece un rapporto trofico a spese di vegetali come ad esempio, e solo per citarne alcune, la Cimice del pomodoro (Nezara viridula), insetto dotato di elevata polifagia diffuso in tutto il territorio nazionale che provoca danni maggiori alle coltivazioni ortive, la Cimice verde (Palomena prasina), simile alla precedente ma che predilige come ospiti principali le piante di melo e pero situate in prossimità di zone boschive, la temuta Cimice asiatica (Halyomorpha halys), specie aliena che ha fatto la sua comparsa in Italia nel 2012 dove ha iniziato a diffondersi sul tutto il territorio nazionale affacciandosi alla ribalta delle nostre coltivazioni erbacee ed arboree, e tante altre…

Per comodità di trattazione e per rispettare il filone di questa nostra rubrica sui principali parassiti del verde ornamentale che occasionalmente invadono gli ambienti urbani, focalizzeremo ora la nostra attenzione su di un’unica specie, la Cimice dell’olmo (Arocatus melanocephalus).

Si tratta di un insetto ligeide legato principalmente alla presenza dell’olmo (Ulmus spp.), i cui adulti all’inizio della primavera depongono le uova all’interno dei fiori. Dalla loro schiusa, le neanidi si sviluppano e si alimentano a danno dei frutti, che nel caso specifico prendono il nome di samare. I primi adulti compaiono verso la fine di maggio e la loro principale “missione” è quella di ricercare immediatamente un rifugio dove ripararsi dal caldo estivo e soprattutto dove trascorrervi il restante periodo autunnale ed invernale. Questi insetti creano sulle piante ospiti danni trascurabili, mentre molto fastidiosa è invece la loro tendenza a frequentare ambienti tipicamente antropizzati, situati in prossimità delle piante di olmo,  alla ricerca di riparo. Infatti, oltre la parte sottostante della corteccia distaccata dalle piante, gli anfratti dei muri, i nidi di ragno abbandonati, gli adulti svernanti trovano riparo molto spesso nelle fessure delle imposte delle abitazioni attraverso le quali si introducono anche all’interno dei locali, andando ad occupare posti più impensati come: intercapedini dei muri, serramenti, mobili, biancheria stesa ad asciugare, ecc. La vista di questo inopportuno ospite associata alla ben nota e comune capacità delle cimici di emettere, da apposite ghiandole, una sostanza dall’odore sgradevole allo scopo di allontanare il potenziale pericolo crea nella maggior parte dei casi preoccupazione da parte degli abitanti delle zone infestate.

Cerchiamo ora di capire, tramite una brevissima descrizione morfologica, perché questo insetto è così tanto ripugnante nell’aspetto agli occhi di chi lo incontra.

Gli adulti di questa specie sono lunghi circa 6-7 mm e riconoscibili per la presenza del pronoto (porzione intermedia tra il capo nero e la restante parte del corpo) generalmente di colore rosso con due sottili linee nere oblique verso il centro e delle emielitre colorate anch’esse di rosso con macchie nere piuttosto allargate di forma tendenzialmente triangolare. Le rossi zampe presentano ciascuna una macchia nera localizzata nella parte distale del femore, mentre l’intero addome si presenta di colore rosso-aranciato. Piccole variazioni cromatiche tra individui della stessa specie sono abbastanza frequenti anche in virtù della presenza di alcune sottospecie.

Le forme giovanili, neanidi, sono molto somiglianti agli adulti con la sola differenza che possiedono una colorazione del corpo molto più semplificata, con capo e torace nero e addome rosso.

Adulto di Arocatus melanocephalus (fonte: www.floraitaliae.actaplantarum.org)
Neanide di Arocatus melanocephalus (fonte: www.technogreen.it)

Se da un lato la loro presenza può provocare in alcune persone stati di turbamento, va altresì considerato che non ci troviamo di fronte ad un insetto capace di pungere l’uomo, né tanto meno di veicolare importanti agenti patogeni. Oltretutto, il controllo delle loro popolazioni infestanti non richiede complesse misure di intervento.

Prima di tutto occorrerà ispezionare accuratamente i punti potenziali di colonizzazione della cimice, sia internamente che esternamente alle abitazioni (infissi, tapparelle, ecc.) e dove eventualmente rinvenire individui adulti svernanti da asportare manualmente. Successivamente si renderà necessario impedire le vie di accesso a questo invadente e sgradito ospite mediante sigillatura delle fessure di porte e finestre o, in alcuni casi, prevedere eventuale installazione di reti o zanzariere.

Riguardo ai trattamenti chimici sarebbe buona norma intervenire direttamente sul luogo di origine del problema, e quindi sulle piante di olmo, avendo cura di individuare il periodo ideale di intervento in modo da arginare sul nascere l’inizio di un’infestazione. Nello specifico, una volta individuate le piante da trattare che sono generalmente quelle adiacenti alle abitazioni, si potrà procedere con interventi insetticidi sulle chiome verso la fine di aprile per colpire gli adulti nella fase riproduttiva oppure nella seconda metà di maggio sui frutti caduti a terra per colpire le forme giovanili, mediante l’impiego di piretroidi di sintesi (deltametrina, permetrina e cipermetrina) in formulazioni registrate per il verde ornamentale. Trattamenti generalizzati sulla vegetazione nel periodo estivo sono praticamente inutili proprio per l’assenza del parassita in loco. Utili invece possono rivelarsi le potature invernali agli alberi con lo scopo di ridurre i potenziali ripari per l’emittero con effetti positivi sul contenimento delle popolazioni.

Nel caso in cui si dovrà necessariamente intervenire chimicamente anche all’interno dei locali, si consiglia in genere di ricorrere ad applicazioni localizzate con piretroidi in formulazione acquosa o con prodotti a base di etofenprox, che come abbiamo già accennato nel precedente articolo, è un principio attivo piuttosto recente avente la stessa struttura base dei piretroidi, ma dotato di una bassissima tossicità acuta nei confronti dei mammiferi, uomo compreso.

Siamo così giunti all’epilogo di questo quinto articolo della rubrica dedicato alla descrizione di una specie o gruppo di specie che per loro sventura sono considerati oggetto di ribrezzo e nei casi più gravi di fobia, “entomofobia” per la precisione, capaci di suscitare nelle persone veri e propri attacchi di panico e disturbi d’ansia, come il caso di cronaca con il quale abbiamo dato il via a questa nostra breve trattazione.

Se è vero che ciò di cui abbiamo veramente paura è proprio quello che non conosciamo, ci si augura che le informazioni qui riportate siano in parte utili a ridurre l’eccessivo allarmismo tra le persone per la vista di un insetto, di per sé innocuo, e ad approcciare con un pizzico di serenità in più alla risoluzione del problema.

 

Cosa sai sulla sicurezza della luce UV?

La “luce nera” ha effetto sulla salute umana? Una trappola a luce ultravioletta può essere nociva per i miei clienti e i dipendenti? Quali norme di sicurezza occorre seguire quando si deve scegliere la tecnologia giusta per i clienti? La tecnologia innovativa può far sollevare molte domande giustificate ed è bene cercare le risposte più giuste.

Vi proponiamo qualche informazione sulla luce UV che può aiutare a prendere confidenza con l’uso di una trappola elettroinsetticida:

  • La ricerca ha dimostrato che l’intervallo ottimale per attirare gli insetti volanti è compreso tra 345 e 370 nm (nanometri) e questa è la lunghezza d’onda che viene emessa dai tubi per le trappole per mosche. Numerosi scienziati che hanno studiato il possibile pericolo per gli esseri umani concordano sul fatto che risulta innocua in normali condizioni d’uso. Nelle trappole UV per le mosche non viene usata né luce UVB, né UVC.
  • Esiste una norma europea specifica per le trappole per mosche a luce UV, la EN 60335-2-59. Le trappole PestWest sono testate secondo gli standard di sicurezza europei e ciò include in particolare i livelli massimi di radiazioni consentiti dalla Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP). Qualsiasi trappola che non rispetta questi i criteri non supera il test.
  • Le trappole UVA PestWest sono progettate per fornire un valore di uscita UVA più basso possibile, compatibile con un’efficace attrazione degli insetti. L’energia complessiva prodotta è bassa e l’esposizione ai raggi UVA è di gran lunga maggiore all’aperto in una giornata media di sole.
  • Il picco di emissione prodotta dai tubi Quantum® è di circa 365 nm. La maggior parte degli UVA è concentrata intorno al picco della lunghezza d’onda, il che significa che la lampada è “più luminosa” dove è più importante cioè la minima parte di energia elettrica viene utilizzata per produrre luce perché non serve per attirare gli insetti volanti.

6 semplici cose da fare nel posizionamento delle trappole per mosche

 

Questa è una delle domande più frequenti dei disinfestatori: dove e a quale altezza è opportuno montare un’unità di controllo dei parassiti per garantire le migliori prestazioni?

Se segui queste semplici regole non ti sentirai mai incerto su come procedere con il posizionamento delle trappole.

1. Evita altre fonti di luce!

Le trappole elettriche devono essere posizionate in modo da ridurre al minimo la competizione creata da altre fonti di luce, quindi è opportuno non montarle vicino alle finestre.

2. Proteggi il cibo esposto!

Colloca la trappola vicino, ma non direttamente sopra, al cibo esposto o alle superfici di preparazione del cibo (se possibile per attirare le mosche lontano dalle aree di preparazione del cibo).

3. Avvicinati al nemico per combatterlo!

Osserva dove le mosche tendono a radunarsi e, se possibile, metti la trappola all’interno o vicino a quell’area.

4. Taglia loro la strada!

Colloca le trappole in una posizione di “intercettazione” rispetto al punto di ingresso principale delle mosche – normalmente porte e/o finestre – e rispetto all’area da proteggere. Negli stabilimenti di ristorazione le mosche hanno più probabilità di entrare attraverso la porta posteriore piuttosto che da quella anteriore, perché è lì che si trovano i rifiuti della cucina e le pattumiere.

5. Concediti una successiva manutenzione semplice e sicura!

Posiziona le unità dove possono essere raggiunte nel modo più semplice possibile e mai sopra macchinari in cui l’accesso può essere difficile o pericoloso.

6. Scegli l’altezza corretta!

Monta le trappole in una posizione comoda per svuotare il vassoio di raccolta, cambiare il cartoncino collante o sostituire i tubi e, nel caso di un montaggio sospeso in edifici industriali, collocale ad almeno a 2,5 metri sopra il livello del suolo, lontano dal traffico dei carrelli elevatori.

Ci sono talmente tanti luoghi in cui è possibile utilizzare le trappole per mosche che risulta impossibile seguire ognuna di queste 6 regole contemporaneamente. Avere comunque in mente questi elementi ti aiuterà a decidere cosa è meglio fare per le zone che devi proteggere.

Liberamente tradotto dal Blog di PestWest

Cosa dice l’Auditor – N.3: Un approfondimento sulla UNI EN 16636

Proseguendo l’esplorazione del mondo “UNI EN 16636”, ci rendiamo conto di come le attività elencate nel nostro secondo approfondimento facciano parte di un flusso circolare che l’azienda che applica un sistema in accordo con la norma in oggetto deve essere in grado di garantire e rispettare.

Tutto il punto 5 della norma si concentra sull’analisi di questo diagramma (foto sopra) all’interno del quale si muovono le seguenti figure:

  • Responsabile tecnico
  • Utente professionale (operatore sul campo)
  • Venditore (agente)
  • Amministrazione

le cui competenze sono esplicitate nella appendice già vista, anche questa, nel nostro secondo approfondimento.

Passiamo a esaminare ciascun punto del diagramma che compone per intero il processo del servizio di gestione degli infestanti.

Guardiamo i primi 5 punti di questo flusso:

5.1 Contatto con il cliente

In questo primo contatto con il cliente, è importantissimo tenere conto in modo specifico di qualsiasi preoccupazione del cliente e di eventuali fattori di rischio che possano influire con la scelta del servizio da offrire (ad esempio posizione geografica, natura del business del cliente, valore dei beni interessati dal servizio, ecc.). Il servizio proposto sarà sicuramente diverso tra quello in una azienda che tratta viti o bulloni o quello in un molino!!!!!! [figure coinvolte: Responsabile tecnico, Operatore sul campo, Venditore]

5.2 Ispezionare / Valutare il sito – Monitoraggio

In questa fase il PCO (nella persona della sua persona competente) deve determinare se vi sia una infestazione in atto o se possa, potenzialmente, aver luogo. Le risultanze di questa prima attività, devono essere spiegate al cliente prima che venga implementato qualsiasi intervento.

Questa valutazione deve fornire indicazioni specifiche circa le eventuali specie infestanti, circa i fattori che potrebbero dar luogo o favorire una infestazione; circa l’identificazione delle diverse misure preventive, sia strutturali che no, per attenuare il rischio di una infestazione, proliferazione o reinfestazione (Pest proofing); revisionare e valutare l’efficacia delle precedenti ispezioni, dei precedenti trattamenti e interventi.

Se questa attività fa parte di un regolare contratto di servizio in cui non viene identificata alcuna infestazione si parla di monitoraggio. [figure coinvolte: Responsabile tecnico, Operatore sul campo, Venditore]

5.3 Valutare le infestazioni, identificare i parassiti e condurre una analisi sulla causa originaria

Se viene rilevata una infestazione, il responsabile tecnico, in questa fase, deve condurre una analisi approfondita e spiegare i risultati al cliente.

La valutazione deve riguardare elementi essenziali per una diagnosi accurata, tra cui:

  • Rilevamento e identificazione di parassiti e loro portata e distribuzione;
  • Valutazione dei fattori che potrebbero portare ad una loro proliferazione;
  • Identificazione delle misure preventive per mitigare i rischi di ulteriori infestazioni;

Attenzione particolare si dovrà porre poi sulle situazioni in cui il cliente non è riuscito ad agire in base a precedenti raccomandazioni.

Quando viene identificata la presenza di parassiti, il PCO deve stabilire e rintracciare le possibili fonti dell’infestazione e utilizzare questi risultati per eventuali raccomandazioni formali e per progettare strategie di prevenzione e trattamento.
[figure coinvolte: Responsabile tecnico]

5.4 Valutazione del rischio del cliente e del sito

In questo punto della norma, come nella nuova ISO 9001:2015, si parla di “risk assessment” o analisi del rischio, ovvero, una metodologia volta alla determinazione del rischio associato a determinati pericoli o sorgenti di rischio. Questa può essere applicata in svariati campi, dal settore agroalimentare (HACCP) sino alla gestione dei rischi ambientali.

Esiste addirittura una norma ISO, la 31000, che fornisce principi e linee guida generali per la gestione del rischio. Può essere utilizzata da qualsiasi organizzazione pubblica, privata o sociale, associazione, gruppo o individuo e non è specifica per nessuna industria o settore. La ISO 31000 può essere adottata per molte attività come la definizione di strategie e decisioni, operazioni, processi, funzioni, progetti, prodotti, servizi e beni. Può inoltre essere applicata a qualsiasi tipo di rischio, sia per conseguenze di tipo positivo che negativo.

Nel nostro caso il PCO deve prendere in considerazione:

  • eventuali implicazioni derivanti dai requisiti della natura e della struttura dei locali, dell’ambiente e del luogo, dalle attività svolte sul sito;
  • il potenziale impatto dell’intervento sull’ambiente e sulle specie non bersaglio;
  • l’atteggiamento del cliente nei confronti del rischio (ossia la natura degli organismi parassitari, la probabilità di presenza e / o proliferazione e una valutazione realistica delle potenziali conseguenze che tale presenza avrebbe sul cliente)

[figure coinvolte: Responsabile tecnico]

5.5 Definire il campo di applicazione legale

Il responsabile tecnico stabilisce formalmente quali regolamenti e leggi sono applicabili (nel settore di intervento) e quindi seleziona una strategia di controllo appropriata da includere nel piano di gestione dei parassiti per il cliente.

I diversi scenari di controllo sono soggetti a diverse normative europee, racchiusi all’interno dell’allegato B della norma:

B2. Protezione delle risorse, inclusi legno, prodotti a base di legno e altri materiali (compresi la proprietà degli edifici e il controllo degli uccelli) – Gruppo Principale 2 del regolamento (UE) No. 528/2012 relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi

B3. Protezione di piante e prodotti vegetali – Regolamento (CE) No. 1107/2009 relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari

B4. Protezione della salute in esseri umani, animali e bestiame tramite gestione e controllo delle infestazioni (Pest Management) – Gruppo Principale 3 del regolamento (UE) No. 528/2012 relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi

B5. Protezione della salute negli esseri umani, animali domestici e bestiame da disinfezione – Gruppo Principale 1 del regolamento (UE) No. 528/2012 relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi

[figure coinvolte: Responsabile tecnico]

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5° SEMINARIO NAZIONALE DI AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE PER OPERATORI AMBIENTALI PUBBLICI E PRIVATI

Al via il 5° Seminario Nazionale sulle zanzare di Parma.

Le Zanzare: con particolare riferimento
alla 
Aedes albopictus e alla gestione dell’emergenza

17 gennaio 2018

Parma – Camera di Commercio

via Giuseppe Verdi 2

Le iscrizioni sono chiuse ma sarà possibile registrarsi sul posto. Ovviamente sarà possibile fare domande e incontrare i fornitori.

Per ulteriori informazioni, scaricate il volantino qui.

Noi ci saremo, vi aspettiamo!

Aumentare al massimo il successo degli erogatori per roditori

Gli erogatori di esca rappresentano uno strumento importante nei programmi di IPM (Integrated Pest Management) e l’installazione avviene fondamentalmente per due motivi: in primo luogo fornire una misura preventiva per qualsiasi roditore che potrebbe avvicinarsi all’edificio da altre aree e, in secondo luogo, controllare una infestazione di roditori in prossimità oppure all’interno dell’edificio.

Una volta posizionati i contenitori, si presume che possano succedere tre cose:

  1. I roditori presi di mira incontreranno effettivamente gli erogatori;
  2. I roditori entreranno negli erogatori;
  3. I roditori si nutriranno del tipo di esca posta al loro interno.

Sfortunatamente non è sempre così, in quanto i “topi” non interagiscono sempre con gli erogatori installati oppure, anche se lo fanno e consumano le esche, non avviene ciò che il cliente si aspetta: una soluzione rapida al suo problema.

Ma perché questo non avviene? Quali sono i fattori in gioco che potrebbero causare la mancata visita degli erogatori anche quando si è sicuri della presenza di roditori in quel luogo?

  • I roditori si sono accorti della presenza degli erogatori?
  • Oppure li hanno semplicemente ignorati?
  • Magari erano insicuri e timorosi di avvicinarsi ed entrare in questi nuovi “oggetti”?

L’obiettivo di questo articolo è presentare una panoramica degli aspetti relativi alla biologia e al comportamento dei roditori al fine di migliorare i risultati sul posizionamento degli erogatori e conseguente consumo di esca.

I principi discussi qui si applicano a ratti e topi, sebbene questa ricerca sia stata   condotta sul surmolotto (Rattus norvegicus).

Comportamento intorno alle esche

Negli ultimi decenni, i ricercatori hanno raccolto informazioni sul comportamento dei roditori in risposta a oggetti, come le bait station, che appaiono improvvisamente nel loro ambiente. In generale questo comportamento, che dipende da diversi fattori, è complesso e può variare, anche in maniera significativa, da una colonia di roditori ad un’altra. Fondamentale è la densità, cioè quanti roditori condividono le stesse risorse in un’area limitata: ad esempio nel seminterrato di un edificio, in un cantiere, un parco urbano, un giardino inutilizzato e così via. Quello che gli studiosi hanno imparato è che raramente ci sono due infestazioni di roditori esattamente uguali.

La parte successiva della discussione rappresenta una sintesi parziale dei risultati della ricerca, i quali possono aiutarci a implementare e migliorare il servizio del controllo dei roditori.

Esplorazione degli erogatori

Perché i ratti entrano (o non entrano) nei nostri nuovi erogatori?

  1. Il tempo impiegato dai ratti per entrare in un nuovo contenitore di esca posizionato nel loro territorio può variare notevolmente ed avvenire anche in 24 ore oppure richiedere giorni, settimane, mesi. Oppure i nuovi erogatori potrebbero non essere mai visitati. Questa tempistica è correlata in larga misura alla stabilità dell’ambiente. Ad esempio, per quanto tempo il cibo, l’acqua e i nascondigli sono rimasti disponibili e invariati nel tempo? Molte generazioni di roditori sono riuscite a crescere e prosperare nell’ambiente? Se il sito è stato favorevole per la colonia di roditori e il successo riproduttivo elevato, i ratti (almeno alcuni) potrebbero essere disponibili ad interagire con i nuovi erogatori e/o le nuove trappole.
  2. L’esitazione verso nuovi erogatori ed oggetti può essere particolarmente significativa nelle femmine adulte che si sono già riprodotte.
  3. Il comportamento neofobico è più forte verso i nuovi punti esca che verso il nuovo cibo.

Il ruolo degli odori

Che importanza hanno “gli odori”?

  1. Gli odori associati al singolo individuo e alla colonia in generale, possono svolgere un ruolo importante nel comportamento alimentare, sociale e riproduttivo. Queste sostanze chimiche (spesso contenenti feromoni) possono anche influenzare le risposte dei roditori ai nostri erogatori, trappole ed esche. Negli studi sul ratto di fogna all’interno delle aziende agricole, gli erogatori vengono generalmente installati in luoghi in cui si sono verificati i più alti livelli di attività (escrementi, urina, segni di sfregamento, ecc.) e di conseguenza si riscontra il maggior numero di visite al loro interno. E’ chiaro le interazioni sociali tra i ratti hanno interessato gli erogatori frequentati, determinando quali individui del gruppo “erano autorizzati” a nutrirsi delle esche.
  2. I ratti spesso seguono le tracce lasciate da altri individui per arrivare al cibo. In parte questo è dovuto al fatto che tali percorsi sono ricoperti del “profumo” della colonia e dei membri di una stessa famiglia.
  3. Allo stesso modo, se i ratti “toccano” l’esca che trovano all’interno di un erogatore, ciò può essere influenzato dagli odori che i roditori precedentemente hanno lasciato all’interno, all’esterno o in prossimità del dispositivo di esca. Questo è lo stesso comportamento con cui i roditori distribuiscono i loro effluvi presso gli ingressi delle tane e dei rifugi. Tali odori possono essere presenti nelle deiezioni, urine e secrezioni urogenitali.

Comportamento alimentare

Quali sono le preferenze dei ratti nei confronti del cibo e della sua distribuzione?

  1. In generale, i ratti preferiscono nutrirsi all’interno o in prossimità di un sito riparato. Se viene individuato un alimento appetibile in aree aperte ed esposte, questo verrà trascinato in un luogo protetto oppure in un’area conosciuta e già utilizzata per l’alimentazione.
  2. Nelle infestazioni gravi, i ratti possono consumare il cibo contemporaneamente in gruppi numerosi, formati anche da oltre una dozzina di individui. Di conseguenza se un erogatore di grandi dimensioni viene installato nel punto giusto, diversi membri di una famiglia si alimenteranno all’interno della stesso contenitore.
  3. Alcuni studi hanno evidenziato come sia fondamentale per i roditori adulti uno spazio adeguato per il consumo di una quantità sufficiente di esca. Ad esempio, gli animali possono mangiare più cibo se hanno la possibilità di appoggiarsi alla base con le zampe posteriori e manipolare l’alimento con quelle anteriori. Questo comportamento viene addirittura favorito da un erogatore con un’altezza superiore ai 15 cm.

Dieci punti da tenere a mente

Questi suggerimenti sono importanti e possono velocizzare l’utilizzo degli erogatori e il relativo consumo dell’esca da parte dei nostri “amici”.

Tuttavia occorre sempre tenere presente che in ogni infestazione possono agire fattori sconosciuti al disinfestatore e anche le esperienze precedenti, da cui i ratti hanno imparato, possono influenzare l’esito di qualsiasi programma di controllo dei roditori.

  1. Secondo Peter Cornwell, famoso entomologo urbano: “Il successo del trattamento dipende dal dettaglio dell’ispezione” e questa formula si applica molto bene al controllo dei roditori. Prima di installare qualsiasi erogatore è importante, sia dal punto di vista del servizio che da quello commerciale, analizzare la situazione ambientale. E’ necessario capire innanzitutto dove i roditori si procurano il cibo e l’acqua e in quali punti sono presenti le tane. Questo può non essere scontato e di conseguenza vanno individuate anche zone tranquille e ambienti caldi, dove magari sono presenti i ripari (permanenti o temporanei), i percorsi più adatti per gli spostamenti, gli elementi fondamentali di un complesso che li possono favorire come angoli, linee di servizio e vuoti strutturali.
  2. La fase pratica riguarda le visite sul campo per conoscere le zone ad alta attività della colonia. Ciò viene fatto osservando le “tracce attive dei roditori” (ARS) come escrementi, marcature del loro passaggio, segni di rosicchiamento, peli, “resti alimentari”, ecc. In quelle aree in cui gli ARS sono più numerosi e concentrati (e specialmente nei siti dove si sovrappongono con le risorse ambientali menzionate in precedenza) dobbiamo immaginare di collocare su una mappa dei riferimenti specificitipo quelli che si osservano su Google Maps – per indicare il punto dove installare un erogatore.
  3. Se possibile, posizionare gli erogatori non direttamente sopra le tracce, ma “adiacenti”. Non intercettare il percorso principale di una colonia, anche di soli venti centimetri, può incidere negativamente sui risultati e sul consumo di esca.
  4. Gli erogatori non vanno spostati, né devono essere apportare modifiche al piano di controllo una volta che i roditori hanno cominciato a frequentarli..
  5. Se per qualche motivo i roditori non entrano nei classici contenitori in plastica, negli Stati Uniti vengono utilizzate delle grosse postazioni artigianali in legno. Nel nostro paese l’utilizzo e l’obbligo di “erogatori di sicurezza” rende questa procedura scarsamente affidabile ed economicamente poco applicabile.
  6. Dopo aver collocare gli erogatori nelle zone ad “elevata attività”, è consigliato pre-adescare (prebaiting) gli erogatori con cibi familiari ai ratti in quella specifica area e/o utilizzare esche attrattive di monitoraggio. Questo sistema a volte permette di superare o ridurre la loro avversione iniziale. Quando i roditori cominceranno ad utilizzare il cibo pre-adescato, le stazioni saranno diventate familiari e conterranno così “il profumo della colonia”. A questo punto verranno posizionati i rodenticidi e le esche placebo/di monitoraggio potranno essere allontanate oppure lasciate sul posto.
  7. Ispezionare gli ambienti che forniscono una protezione ai roditori (cespugli, materiali accatastati, accumuli di spazzatura, angoli nascosti) per scoprire eventuali ARS (indice di una significativa attività dei roditori): anche questa è una valida soluzione per posizionare gli erogatori.
  8. Tramite una particolare “pinza” (strumento utile per il disinfestatore professionale), un buon suggerimento è quello di raccogliere tutti i pellet fecali trovati nelle vicinanze e posizionarne un paio immediatamente all’esterno di entrambi i fori di ingresso degli erogatori.
  9. In caso di ratti che hanno le tane nel terreno, disporre alcuni mucchietti di terra, raccolti in prossimità delle gallerie, su entrambi i lati dell’erogatore, di fronte agli accessi (come fatto in precedenza con gli escrementi).
  10. Infine, se sono presenti resti d’involucri per alimenti, cartone, piccole pietre, pezzi di legno o altri oggetti con segni evidenti di attività da parte dei roditori, è opportuno collocare alcuni di questi “oggetti familiari” all’interno oppure all’esterno dei contenitori di esca. E’ utile coprire il più possibile il pavimento degli erogatori proprio con questi materiali oppure aggiungere terra, foglie, erba, ecc. Questa tecnica funziona soprattutto nei confronti di quelle colonie permanenti che si sono stabilite già da tanto tempo.

Liberamente tradotto dall’articolo di Bobby Corrigan su Pest Magazine di Ottobre-Novembre 2017

Nuove etichette Notrac Blox e Solo Blox

Vi ricordate l’articolo sulla nuova classificazione degli anticoagulanti?

Adesso siamo in grado di presentarvi le prime etichette adeguate alla nuova normativa perchè sono già disponibili quelle del Notrac Blox e del Solo Blox della Bell Laboratories.

 

Da Gennaio 2018 saranno già disponibili i prodotti con le nuove etichette.