Rubrica di Mauri N.8: Grilli…vicini di casa

Forse a nessuno interessa sapere a quale specie di grillo appartenga quello rimasto intrappolato nel cartoncino collante che è stato posizionato a terra, per monitorare i famosi “striscianti”. Tantomeno al nostro cliente finale. Tuttavia questi ortotteri, insieme ad altri insetti, sono al centro dell’attenzione perché dal prossimo anno, grazie ad alcuni specifici regolamenti europei dell’EFSA (agenzia europea per la sicurezza alimentare), potranno essere utilizzati per l’alimentazione umana oppure trasformati in proteine animali per la produzione di mangimi. Senza entrare in dettaglio sulle procedure ancora da definire per un allevamento proficuo ed adeguato di “insetti da reddito”, cerchiamo di conoscere più i dettaglio i grilli che frequentano gli ambienti antropizzati e le aree coltivate.

Tutti conoscono il grillo canterino (Gryllus campestris), nero con la parte anteriore delle tegmine (ali anteriori) macchiate di giallo e che frequenta i margini dei campi coltivati, i prati, le aree incolte con bassa vegetazione. Costruisce una galleria lunga 20-25 cm e dal diametro di circa 2 cm: in primavera, i maschi, territoriali, all’ingresso di questa tana spoglia e priva di erba cantano ininterrottamente per conquistare le femmine. Queste poi depongono alcune centinaia di uova e le forme giovanili svernano all’interno di profondi cunicoli. Nel centro e sud Italia è presente un insetto molto simile (Gryllus bimaculatus), che non costruisce un rifugio nel terreno, ma, grazie alle abitudini meno sedentarie, può percorrere in volo distanze di diversi chilometri!

A differenza di queste specie, non così comuni negli ambienti urbani, il grillo nero (Melanogryllus desertus), leggermente più piccolo e con forme giovanili caratterizzate da una pubescenza più chiara, verso la fine dell’estate può invece creare esplosioni demografiche in molte zone della pianura padana. Questo insetto, presente in tutta Italia tranne che in Sardegna, frequenta le aree incolte e agricole dove si nasconde fra le zolle, nelle fessure e nelle crepe. Durante i periodi più favorevoli, parecchi individui penetrano in gran numero all’interno di abitazioni e capannoni, e questo rappresenta uno dei pochi casi in cui può essere necessario un trattamento chimico per il loro contenimento.

Un’altra specie, dal nome impronunciabile (Eumodicogryllus bordigalensis), frequenta i campi, gli orti, i giardini, spesso comune anche nei marciapiedi e nei tombini. Di colore marrone più o meno chiaro, generalmente si distingue da una banda chiara fra le antenne e da quattro linee longitudinali giallastre sul capo. Attirato dalle luci, entra nelle abitazioni e nei locali, dove spesso viene confuso con il classico grillo del focolare (Acheta domesticus). Bruno giallastro, con una mascherina nera fra gli occhi e due macchie scure sul pronoto, il grillo “della favola di Pinocchio” è prettamente legato agli ambienti umani, umidi e bui, dove consuma derrate alimentari e sostanze organiche di origine animale e vegetale. Talvolta può rovinare materiale vario come carta, pellame, vestiti, ecc. Fondamentalmente non è un insetto dannoso ed è sempre stato in compagnia dell’uomo, ma ultimamente è quasi sparito dalle abitazioni, sostituito, procedendo verso nord nella nostra penisola, da Gryllomorpha dalmatina, attera e con macchie scure ben evidenti sul corpo e sulle zampe posteriori. E questo grillo…non canta! Infine ricordiamo un piccolo ortottero, (Stenonemobius gracilis), considerato raro e localizzato in varie parti d’Italia. Biologia quasi sconosciuta, eppure nelle notti più calde, questo minuscolo grillo, lungo meno di 1 cm e dalle ali posteriori particolarmente sviluppate, si trova abbastanza comunemente, almeno in certe aree dell’Emilia Romagna, nelle case e sulle piastre collanti delle lampade UVA, attirato dalle luci artificiali.

Tutti questi insetti, apparentemente banali e considerati parassiti occasionali, risultano in realtà affascinanti, sono poco conosciuti e durante la bella stagione ci rallegrano con il loro canto melodioso…prodotto dallo specifico sfregamento delle tegmine.

Teniamoli perciò un po’ in considerazione anche quando li gettiamo via con le colle!