Rubrica di Mauri N.5: Scorpioni e pseudoscorpioni

È quasi inverno. In questi giorni è difficile pensare ad aracnidi come gli scorpioni, simbolo di ambienti caldi e deserti, eppure in qualche abitazione qualcuno li ha notati! Qualche segnalazione in Centro Italia è stata fatta addirittura all’esterno, sui muri e in prossimità del tetto. Non è così strano in quanto con le basse temperature rallentano semplicemente il metabolismo, e diventano attivi di notte, muovendosi alla ricerca di piccole prede. Hanno otto zampe, una “coda” con l’aculeo del veleno e un paio di grosse chele (pedipalpi) con le quali spesso catturano piccoli invertebrati come collemboli, “pesciolini d’argento”, grilli, blatte, piccoli ragni, “porcellini di terra” (crostacei oniscidi), trattenuti e poi sminuzzati da 2 piccole appendici (cheliceri) situate in prossimità della cavità orale.

Questi cacciatori possono fare anche un pasto alla settimana o digiunare per mesi; utilizzano l’apparato del veleno soprattutto a scopo di difesa e per immobilizzare grossi insetti.

In Italia, dopo complesse analisi genetiche, e morfologiche, sono state individuate numerose specie appartenenti al genere Euscorpius (per alcuni ricercatori almeno 13!), di difficile identificazione e lunghe dai 2 ai 6 cm. Alcune hanno addirittura una distribuzione piuttosto limitata: una specie vive nell’isola di Montecristo e un’altra in provincia di Napoli, isole comprese!

I giovani sono generalmente di colore chiaro, mentre gli adulti possono variare dal nero al marrone molto scuro, anche se alcune popolazioni sono di colore giallastro. Gli accoppiamenti avvengono in primavera/estate: dopo una gestazione di 7-13 mesi, la femmina “partorisce” 5-30 piccoli, biancastri e lunghi pochi mm. La madre li trasporta sul dorso per diversi giorni, fino al completamento della seconda muta. Quindi i giovani si allontanano e raggiungono la maturità sessuale dopo 1-2 anni. Durante il giorno si nascondono negli anfratti bui e umidi degli ambienti naturali, ma diverse specie frequentano con successo gli ambienti urbani, colonizzando in particolare legnaie, muretti a secco, fessure di abitazioni antiche, scantinati, infissi vetusti di porte e finestre, massi e legname umido a contatto con il terreno. Generalmente sono timidi, inoffensivi e tendono a fuggire; solamente in pochi casi possono pungere. Se ciò accade, il dolore è piuttosto intenso, come quello di una puntura di un’ape o di una vespa, ma raramente si possono riscontrare sintomi più seri.

In presenza di una infestazione, è necessario bonificare prima di tutto l’ambiente esterno, eliminando ed allontanando i potenziali rifugi degli scorpioni come materiale accatastato, pietre, rami e cortecce Un trattamento chimico (formulazioni: microincapsulati/sospensioni concentrate) sul perimetro, in crepe, cavità e su parte dei muri, fino ad un’altezza di 1-2 m, permetterà di risolvere o minimizzare nel tempo il problema. All’interno dei locali, oltre a disinfestazioni mirate nelle aree critiche e all’utilizzo di fumogeni e/o bombolette autosvuotanti, se gli individui sono presenti in numero limitato possono essere posizionate delle semplici trappole a colla lungo i potenziali passaggi e in prossimità degli accessi con l’area esterna.

Pochi invece conoscono gli pseudoscorpioni, appartenenti alla fauna tipica del suolo. Sembrano scorpioni in miniatura (1-8 mm), ma sono privi della “coda” e dell’aculeo.

Sono eccellenti predatori di minuscoli artropodi come larve, acari, collemboli, psocotteri e, anche se sfuggono alla vista, non è così raro scoprirli negli ambienti domestici e in qualche azienda alimentare. Ad esempio Chelifer cancroides e Chthonius sp. si trovano sovente nelle abitazioni, in punti molto umidi come i bagni, sotto vecchi giornali e nei nidi di piccoli volatili, mentre Cheiridium museorum, anche se si riscontra in ambienti simili, non disdegna vecchie biblioteche e collezioni museali.

Diversi anni fa alcuni studi del Dipartimento di Scienze e Tecnologie dell’Università di Catania avevano evidenziato all’interno di vecchi magazzini contenenti grano rovinato e in cattive condizioni igieniche numerosi individui di Withius piger, i quali predavano soprattutto larve di tribolio. Un altro curioso comportamento di questi inoffensivi cacciatori è quella di spostarsi da un sito all’altro utilizzando come mezzo di trasporto insetti (ditteri, coleotteri, imenotteri), mammiferi ed uccelli. Di fatto sono come autostoppisti che, senza farsi notare e “aggrappandosi” con le loro appendici, si fanno dare un passaggio su lunghe distanze!

Schede di sicurezza: quando applicabili e quando no

SCHEDE DI SICUREZZA: VALIDITA’ E CONFORMITA’ LEGISLATIVA

Le schede dati di sicurezza (SDS) sono documenti sintetici che riportano in modo conciso tutte le caratteristiche chimico-fisiche, tossicologiche, ambientali di una sostanza chimica o di una miscela, e la relativa classificazione.

Le SDS sono obbligatorie se i preparati/miscele sono classificati pericolosi in accordo con il Regolamento CE 1272/2008 (CLP).

Attualmente, e fino al 1 giugno 2017, le SDS per le miscele pericolose possono essere conformi a più di un riferimento normativo.

Infatti, secondo l’Art. 2 Reg. 2015/830 (fatto salvo l’articolo 31, paragrafo 9, del regolamento CE n. 1907/2006): “le schede dati di sicurezza fornite ai destinatari anteriormente al 1° giugno 2015 possono continuare ad essere utilizzate e non è necessario che siano conformi all’allegato del suddetto regolamento fino al 31 maggio 2017”.

Di conseguenza, al momento è possibile trovare sul mercato SDS che riportano diverse date di aggiornamento, ma comunque da ritenersi valide.

Riportiamo di seguito per chiarezza le diverse possibilità che potrete trovare:

  • SDS conformi al Regolamento 2015/830: SDS emesse o revisionate dopo il 1 giugno 2015 (classificazione ed etichettatura CLP);
  • SDS conformi all’Allegato I del Reg. 453/2010: per i prodotti che erano già stati immessi sul mercato prima del 1 giugno 2015 con classificazione (ed etichetta) secondo DPD (la SDS riporterà la doppia classificazione CLP e DPD solo nella sezione 3.2);
  • SDS conformi all’Allegato II del Reg. 453/2010 modificato: per i prodotti che erano già stati immessi sul mercato prima del 1 giugno 2015 con classificazione secondo CLP (la SDS riporterà la doppia classificazione secondo DPD e CLP nelle sezione 2.1 e 3.2 – mentre nella sezione 2.2 relativa all’etichetta deve essere riportata la classificazione secondo CLP).

Le SDS non hanno quindi una “scadenza”: l’unico requisito che devono soddisfare è l’aggiornamento all’ultima normativa vigente. Tale aggiornamento deve essere immediato da parte del fornitore se vi sono nuove informazioni relative alla classificazione, alle misure di gestione del rischio o autorizzazioni/restrizioni specifiche.

SCHEDE INFORMATIVE DI SICUREZZA: QUANDO APPLICABILI E QUANDO NO

In base a quanto stabilito dagli artt. 31e 32 del Regolamento Reach, per tutti i prodotti non classificati pericolosi in base ai criteri del Regolamento 1272/2008 (CLP), non è prevista la redazione della Scheda dati di Sicurezza.

Di conseguenza, in virtù delle disposizioni legislative vigenti, Colkim metterà a disposizione per i suoi clienti una Scheda Informativa di Sicurezza (SIS) e non una scheda dati di sicurezza (necessaria solo per i prodotti pericolosi).

Le SIS riporteranno le principali informazioni utili all’utilizzatore, come di seguito elencate:

  • Nome commerciale del prodotto;
  • Breve descrizione e usi consigliati;
  • Composizione;
  • Utilizzo in sicurezza;
  • Metodi di trattamento dei rifiuti.

Al fine di fornire un servizio aggiornato e tempestivo ai propri clienti, Colkim renderà disponibili nell’area pubblica di questo sito le SDS e le SIS sempre aggiornate e conformi. 

Rubrica di Dario n.18: Montecristo, come è andata a finire? (Prima parte)

La notizia appare su molti quotidiani e siti web di informazione nel gennaio del 2012: sull’isola di Montecristo, nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, si sta per abbattere un bombardamento di esche avvelenate per eliminare i ratti. Si usano espressioni forti, si parla di bombardamento, appunto, ma anche di disastro ambientale imminente, e così via.

In quelle fasi nessuno -anche chi, come il sottoscritto, ha partecipato attivamente all’intervento- è riuscito a far sentire come avrebbe dovuto la propria voce. Com’era possibile, d’altronde, quando fioccavano esposti alla magistratura, interrogazioni parlamentari bipartisan, comunicati di fuoco di associazioni animaliste e ambientaliste (peraltro solo alcune contrarie all’intervento)?

Adesso che, a più di tre anni di distanza, le acque si sono calmate, proviamo a ragionare insieme su cosa effettivamente è stato fatto e quali risultati si sono ottenuti.

Partiamo dal problema: i ratti sono giunti sulle isole nei secoli scorsi, portati dalle imbarcazioni e diffondendosi rapidamente. È ben noto che essi costituiscono un fattore di grave rischio per gli ecosistemi autoctoni. Nel caso specifico di Montecristo, i ratti esercitavano una predazione spietata sui pulcini della berta minore, un uccello tutelato a livello internazionale, e in declino proprio a causa della predazione dei ratti. Per chi volesse constatare con i propri occhi la veridicità tale predazione, può vedere il video (piuttosto scioccante, a dire il vero, e non adatto alle persone sensibili) girato sull’isola di Pianosa dal Parco Nazionale. Va detto che l’azione dei ratti non si esercita solo sulle berte, ma anche su piante ed altre specie animali, come è stato dimostrato in studi condotti su isole di tutto il mondo.

Il Parco Nazionale, responsabile della tutela delle specie minacciate e degli ecosistemi dell’isola, insieme a Corpo Forestale dello Stato (UTB di Follonica), ISPRA e Nemo srl, hanno messo in campo mezzi e uomini per risolvere il problema, ottenendo un finanziamento LIFE alla Commissione Europea.

Un pool di esperti, di cui ho avuto l’opportunità di fare parte, è stato incaricato di progettare l’intervento, che presentava molte difficoltà, soprattutto a causa delle grandi dimensioni dell’isola (oltre 1000 ettari) e della sua orografia molto accidentata (la cima più alta è di oltre 600 m), con ampi settori dell’isola inaccessibili. Inoltre, sull’isola è presente una popolazione di capre di origine molto antica, e altre specie di uccelli (gabbiani, gheppi, falchi pellegrini, corvi imperiali, etc). Come riuscire, quindi, a distribuire le esche in modo uniforme sull’isola, eliminando i ratti e riducendo quanto più possibile l’impatto sulle altre specie?

Pestworld 2016, Seattle – un brevissimo resoconto

Circa 3.000 professionisti della disinfestazione si sono riuniti a Seattle, Washington, USA, dal 18-21 ottobre, per partecipare a PestWorld 2016.
Questa conferenza/fiera annuale è la mostra più grande del mondo ed è sempre stata all’altezza del suo nome.
Noi siamo andati a curiosare anche quest’anno ma… forse, per la prima volta in tantissimi anni, siamo rimasti un po’ delusi: gli stand erano più dimessi del solito e anche chi ha sempre avuto stand molto appariscenti (escluse le grosse multinazionali), quest’anno si è presentato un po’ sottotono.
Per noi è comunque stata l’occasione per salutare e fare due chiacchiere con i nostri fornitori Basf, B&G, Bell, Green Gorilla, PestWest, Syngenta,Trece, Woodstream, X-cluder.
Per il resto non vogliamo anticipare niente di alcune novità che vi presenteremo nel 2017!
Continuate a seguirci…

Goliath® Gel: Approccio efficace per risolvere le infestazioni da scarafaggi più problematiche

In caso di infestazioni da Blatella germanica particolarmente persistenti, è necessario ricorrere a un approccio onnicomprensivo. Un costoso trattamento a tappeto non è necessariamente l’approccio corretto. Un programma di disinfestazione mirato e sistematico a base di esche in gel di alta qualità abbinato al monitoraggio continuo è la soluzione più adeguata; il programma può durare anche diverse settimane e la collaborazione degli inquilini (o dipendenti) e del personale di pulizia è fondamentale.

Quella che riportiamo di seguito è l’esperienza dei disinfestatori britannici Paul Keyworth, di Reliable Pest Control, e Mark Sheldon, di Integrated Pest Solutions, che lo scorso anno hanno unito le loro forze e le loro risorse, assieme al personale di un ristorante con 300 coperti dell’area di Manchester, per debellare una grande infestazione di scarafaggi che numerose imprese di disinfestazione non erano riuscite ad estirpare.

Non penso di aver mai visto così tanti scarafaggi in vita mia”, ricorda Paul Keyworth. “Ce n’erano centinaia, ovunque. E non solo in cucina e dietro il bancone del bar. I clienti scattavano perfino foto da postare su Trip Advisor!

Diverse imprese non erano riuscite a debellare l’infestazione – da operatori a basso costo che applicavano insetticida spray e in polvere settimanalmente, a grandi società che avevano chiesto €2.500 per un singolo intervento di disinfestazione -. Il motivo del fallimento era semplice: non erano riusciti a colpire l’infestazione alla radice, anche a causa del grande numero di mobili fissi e arredi, senza parlare poi delle pareti e dei soffitti”.

I due disinfestatori hanno optato per un programma di trattamenti intensivo “fuori orario” con la collaborazione del personale di pulizia a partire dalle 6 di ogni mattina, dal venerdì al lunedì. La stretta collaborazione con gli addetti alle pulizie e il personale del bar ha consentito di spostare tutte le attrezzature e, ove necessario, smontarle in parte per ispezionarle e procedere con il trattamento.

Il personale e gli addetti alle pulizie hanno spostato le apparecchiature, consentendoci di applicare un aerosol piretroide in ogni possibile rifugio.

Dopo la rimozione, abbiamo eliminato attentamente ogni residuo di spray e quindi applicato Goliath® Gel in numerosi punti di adescamento. Non è il prodotto più economico sul mercato, ma entrambi abbiamo potuto constatare la sua efficacia ed affidabilità di lunga durata. E se lo si applica con la giusta precisione, è necessaria una quantità inferiore rispetto alle altre esche in gel in commercio, quindi nel lungo termine è più conveniente degli altri gel”.

La parte finale del programma di disinfestazione ha comportato l’attento posizionamento di trappole a colla nelle zone maggiormente infestate per monitorare il livello dei parassiti.Sebbene il personale del ristorante abbia notato un notevole miglioramento nell’infestazione nelle prime due settimane, le trappole di monitoraggio continuavano a indicare un problema di fondo. Paul e Mark hanno potuto ridurre le loro visite ad una per settimana, e poi ogni due settimane, già dopo due mesi di trattamento.

Il ristorante si trova in un condominio con appartamenti ai piani superiori e con almeno altri due ristoranti nelle vicinanze”, spiega Paul Keyworth. “I controsoffitti e le condutture rendono inevitabile la reinfestazione nelle aree al di fuori del nostro controllo. Quindi non dobbiamo abbassare la guardia e dobbiamo intervenire con tempestività per prevenire una nuova infestazione”.

È solo una questione di conoscere bene l’insetto da eliminare e di ricorrere al programma di disinfestazione più efficace. L’adescamento tramite gel si è rivelato estremamente efficace e non abbiamo dovuto usare più di cinque cartucce di Goliath® Gel per tutto il lavoro effettuato fino ad oggi. Le trappole a colla ci sono costate di più del gel. Oltre ad utilizzare l’esca più affidabile e ad azione più rapida, è importante prendersi il tempo necessario ed applicarsi costantemente per portare a termine il lavoro di disinfestazione, per il quale dobbiamo essere molto di più di semplici tecnici.”

Ora, i proprietari del ristorante si fidano nuovamente dei disinfestatori; abbiamo dimostrato loro che una soluzione rapida non è sempre la più idonea e che non bisogna aspettare troppo a lungo prima di chiedere aiuto alle persone giuste. Credetemi, anche molte altre aziende dovrebbero imparare da queste lezioni”, conclude Mark Sheldon.

 

Goliath® Gel è un marchio registrato di BASF.
Goliath® Gel contiene lo 0,05% di fipronil. Usare i biocidi con cautela.
Prima dell’uso leggere sempre l’etichetta e le informazioni sul prodotto.
 
 
Per gentile concessione di BASF

Rubrica di Mauri N.4: Una coccinella da tenere sott’occhio

Probabilmente nessuno ucciderebbe una coccinella. Porta sfortuna! Rappresenta un simbolo religioso! È utile in agricoltura perché controlla tanti insetti dannosi! Eppure in Italia è presente una specie, Harmonia axyrydis, che sta creando più danni che benefici. Indicata volgarmente come “la coccinella arlecchino”, gli esemplari della stessa popolazione possono avere una colorazione di fondo molto diversa fra loro (gialla, arancione, rossa, nera) così come risulta estremamente variabile la disposizione e il numero delle macchie sulle elitre. Gli adulti vivono di solito 30-90 giorni (in alcuni casi addirittura 3 anni) e generalmente, alle nostre latitudini, sono presenti 2 generazioni all’anno. La larva matura si riconosce per due strisce arancioni presenti sulla parte dorso-laterale dell’addome.

Come al solito la colpa è dell’uomo. Di origine asiatica, è stata utilizzata in passato come insetto utile per la distruzione di parassiti fitofagi, e anche in Nord Italia, verso la fine degli anni 90, ha fatto la sua apparizione, con lanci continui di individui allevati per la lotta biologica nei confronti degli afidi. Purtroppo ben presto ci si è accorti che questa specie, fra le più grandi della famiglia (5-8 mm di lunghezza), non si accontentava di “pidocchi delle piante” ma, particolarmente aggressiva, predava altri piccoli invertebrati, comprese alcune specie di coccinelle, e contribuiva all’impoverimento della biodiversità. Tenete in considerazione che nel nostro paese vivono oltre 130 fra specie e sottospecie di Coccinellidae.

Le prime popolazioni “naturalizzate” sono state rinvenute nel 2006 in Piemonte e grazie alla sua elevata capacità di dispersione, in meno di 10 anni questo coleottero, utilizzando anche il trasporto passivo, ha colonizzato tutta la nostra penisola, comprese le isole e il sud Italia. Più veloce della zanzara tigre! Ebbene questa coccinella è considerata a livello globale fra le cento specie invasive più pericolose e, oltre ad eliminare qualche insetto endemico sconosciuto alla maggior parte delle persone, è in grado di creare problemi anche in ambiente urbano. Negli ultimi anni, alla fine dell’estate-inizio autunno, sono sempre più comuni grossi addensamenti di questa specie che, per superare l’inverno, tende a colonizzare le cortecce di alberi e arbusti di parchi e giardini, le crepe fra i muri e le pietre, i porticati e i balconi, le intercapedini delle finestre, le abitazioni. Il fastidio di questi raggruppamenti è legato al fatto che centinaia, talvolta migliaia di individui, se disturbati oppure per difendersi, emettono dalle articolazione delle zampe un particolare essudato di colore marrone-rossastro (emolinfa) che, oltre ad avere un odore nauseabondo, macchia in maniera irreversibile le superfici e i tessuti con cui viene in contatto. E non è finita: questa sostanza contiene allergeni i quali, nelle persone più sensibili, possono provocare riniti, asma, congiuntiviti, orticarie. Se manipolati, questi insetti mordono gli esseri umani, seppur leggermente, e, quando si riuniscono nei vigneti, attorno ai grappoli d’uva maturi, potrebbero perfino determinare un danno economico, con relativo deprezzamento del vino stesso.

In conclusione un suggerimento ai disinfestatori: se un giorno qualcuno vi contatta per un problema di coccinelle, non mettetevi a ridere! Programmate un sopralluogo e, se l’infestante è la coccinella arlecchino, non abbiate remore: fate il vostro dovere e magari, questa volta, anche l’ambiente avrà un piccolo giovamento. E non vi porterà sfortuna!

Curiosità: I nuovi uffici di Ozzano Emilia

Fortunatamente Colkim è in continua crescita e le idee e i progetti si moltiplicano. Così, contestualmente alla esternalizzazione del magazzino – valutata e concretizzata per avere più spazio e per poter rispondere meglio e più velocemente alle richieste dei clienti -, quest’estate ci siamo dedicati alla ristrutturazione dei locali al piano terra della sede di Ozzano Emilia che avevano bisogno di essere riorganizzati e svecchiati. Gli uffici sono il risultato di un accurato studio dei particolari e niente è stato lasciato al caso: la scelta delle pareti in vetro, per non chiudere e non opprimere, il pavimento tecnico, sono l’ultima tendenza per rendere gli ambienti di lavoro molto luminosi e spaziosi.

Ma spiegarli in dettaglio non renderebbe l’idea quindi vi facciamo fare un piccolo tour virtuale attraverso le immagini che trovate in questa galleria:

Rubrica di Dario n.17: Il sopralluogo, questo sconosciuto (Seconda e ultima parte)

Dal punto di vista tecnico, il nostro obiettivo nel sopralluogo è quello di ottenere le informazioni giuste, senza perdere tempo eccessivo.

Per prima cosa, è necessario capire la natura del problema. Per farlo, occorre rispondere a due domande. La prima: quale specie è presente? La seconda: qual è il luogo di origine degli individui? Quest’ultima può essere così riformulata: gli animali vengono da fuori oppure c’è una popolazione già insediata nella struttura? La risposta a queste domande permette di avere un’idea abbastanza precisa della gravità del problema, e di quanto tempo occorrerà per risolverlo.

Ad esempio, una presenza di topo domestico dovuta ad ingressi regolari, ma senza una popolazione stabile all’interno, è risolvibile in tempi brevi, dopo una accurata verifica delle misure di esclusione. Ci tengo però a sottolineare il senso della parola “accurata”: significa che non bisogna fermarsi alla prima mancanza che si riscontra, ma che va verificata la capacità di esclusione dell’intera struttura. Assai diverso è il caso di una popolazione residente di topi o, peggio, di ratti, una situazione che richiederà un’analisi accurata (vedi sopra) delle strutture interne, alla ricerca dei probabili rifugi e delle fonti di cibo. Anche qui devo farmi delle domande precise: dove mangiano e che cosa? Dove si rifugiano? Che strada fanno per andare a mangiare?

Dal punto di vista operativo, per quanto mi riguarda, nella fase iniziale sto più che altro a sentire, nella seconda faccio molte domande, nella terza eseguo il vero e proprio sopralluogo, facendomi portare nei posti che ritengo più importanti, e interagendo con chi mi accompagna. Ho spesso notato che il cliente accetta di buon grado di dedicarmi del tempo quando mi vede concentrato sul problema, il segnale è che non obietta nulla alle richieste più impegnative del tipo “possiamo aprire qualche erogatore?”, oppure “c’è una scala per ispezionare quel cavedio?”.

Nella mia esperienza, i migliori risultati si ottengono coinvolgendo nel sopralluogo figure professionali diverse, soprattutto (in ordine crescente di importanza) i responsabili del controllo qualità, gli addetti alla manutenzione e chi ha progettato o costruito il capannone o l’edificio. Ognuna di queste figure può contribuire alla risoluzione del problema, il compito del professionista è quello di fare le domande giuste.

Poi ci sono gli strumenti, su cui si potrebbero scrivere pagine e pagine. Come molti altri, anche a costo di apparire banale, io uso sempre questi due: una mappa della struttura, su cui segnare qualunque informazione, dalle tracce di attività alla porta che non chiude; una torcia sufficientemente potente per illuminare gli angoli più bui. Anche una buona macchina fotografica sarebbe fondamentale, ma non è scontato che ci permettano di usarla. Ho visto utilizzare specchietti, telecamere da endoscopia, ginocchiere (utili per chinarsi a guardare sotto i mobili), luci ultraviolette, addirittura cani da caccia. Ognuna di queste cose può essere utile, ma servono a poco se a mancare sono la disponibilità e la capacità di applicarsi alla risoluzione di un problema.Specchio ispezioni

Rubrica di Mauri N.3: Carabidi in città

Le trappole per il monitoraggio delle blatte non sono generalmente selettive, per cui capita spesso di catturare altri artropodi, meno pericolosi, ma che vanno opportunamente segnalati specialmente se lavoriamo in un’area sensibile (aziende alimentari, ospedali, scuole, alberghi). Non è difficile trovare degli insetti scuri, più o meno allungati, dai colori talvolta metallici, con sottili mandibole affilate e che all’occhio del profano vengono scambiati per scarafaggi. Attirati soprattutto dalle luci artificiali, questi insetti notturni penetrano all’interno delle strutture, provocando disagio e preoccupazione nelle persone. In realtà si tratta di coleotteri Carabidae, senza alcuna importanza dal punto di vista igienico-sanitario, e che svolgono la loro attività di predatori a livello del suolo, anche in prossimità degli ambienti urbanizzati. Si nascondono nel terriccio umido, sotto le pietre, in mezzo alla vegetazione. In ambiente naturale la vita di un adulto è di solito inferiore a un anno.

Nel nostro paese sono presenti oltre 1300 specie, ma nelle aree agricole, nei giardini, nei parchi e negli incolti risultano dominanti pochi gruppi. Pterostichus sp., Carabus coriaceus, C. picenus, C. germarii sono grossi coleotteri carnivori ormai poco comuni negli ambienti urbani, mentre sono sempre più abbondanti quelle specie che si sono adattate ad una dieta vegetariana, un’eccezione per questo ordine di coleotteri.

Ad esempio Zabrus tenebriodes, lungo poco meno di 2 cm, è un tipico infestante dei campi di cereali coltivati: gli adulti erodono le cariosside in fase di maturazione, mentre le larve possono rovinare le piantine più giovani e le parti verdi delle foglie. Nelle nostre città le infestazioni sono legate soprattutto al genere Amara (in particolare modo A. aenea) e al gruppo degli “harpalini” (genere Harpalus, Pseudophonus, Ophonus, ecc.). Questi insetti, caratterizzati da un’alimentazione prettamente oppure parzialmente granivora, presentano delle mandibole corte, tozze e smussate, utili per questo tipo di dieta, e naturalmente le loro popolazioni possono crescere in maniera esponenziale se sono disponibili grandi quantità di risorse alimentari come semi di Graminacee e Ombrellifere, spontanee o coltivate. Tale particolare adattamento si riflette nel comportamento alimentare delle larve, in grado di trasportare e di “sgusciare” questi vegetali all’interno di gallerie, profonde diversi centimetri, scavate nel terreno.

Una delle specie più conosciute in grado di invadere in estate le nostre abitazioni è Pseudophonus rufipes, nerastro con le zampe rossastre, noto per danneggiare le fragole nei campi in quanto si nutre degli acheni dei frutti, ma capace di consumare anche semi di altro tipo e piccoli invertebrati. Quando le densità diventano particolarmente abbondanti e le risorse alimentari tendono a scomparire, questi carabidi abbandonano i siti naturali e si avvicinano in gran numero, spesso volando, agli ambienti urbanizzati. Ultimamente un altro piccolo insetto, Carterus fulvipes, ha cominciato a colonizzare campi coltivati di ombrellifere da seme e successivamente, con migliaia di individui, tende ad infestare i centri abitati adiacenti: la regione Emilia Romagna, tramite il servizio fitosanitario, ha addirittura prodotto una nota informativa sulle procedure e comportamenti nei confronti di queste particolari invasioni. Infine un’altra specie, bicolore e legata a prati incolti asciutti e di erba medica, Diachromus germanus, in annate favorevoli può creare grossi disagi, quando di sera, in pianura padana, centinaia di individui cercano di entrare nelle abitazioni vicine. È difficile prevedere queste oscillazioni numeriche di anno in anno, poiché le variabili ambientali (temperature ed umidità, parassiti, predatori, risorse alimentari, ecc.) sono numerose e le interazioni particolarmente complesse. In ogni caso il disinfestatore deve identificare l’infestante, rassicurando il cliente sull’assenza di eventuali rischi sanitari. Poi, se necessario, per diminuire le densità dei coleotteri, effettuerà un trattamento chimico lungo il perimetro e i muri esterni della struttura con formulazioni a base di piretroidi residuali, creando una specie di barriera e tenendo in considerazione che l’infestazione potrà semplicemente essere attenuata, ma non risolta. E come al solito nel tempo ritornerà l’equilibrio, e non sarà per merito nostro!

 

 

 

Rubrica di Dario n.16: Il sopralluogo, questo sconosciuto (Prima parte)

Nella mia attività ho spesso constatato che il sopralluogo è la fase più importante nella predisposizione di un piano di controllo ma, al tempo stesso, troppo trascurata. Il sopralluogo ha indubbiamente una doppia valenza, tecnica e commerciale. Infatti, se da una parte è vero che in tale fase si raccolgono le informazioni più importanti per predisporre il piano di controllo, dall’altra non va trascurato che è in questa occasione che il cliente si farà un’idea della vostra capacità.

Dal punto di vista commerciale, un sopralluogo frettoloso o, peggio, svogliato è quanto di peggio si possa concepire. Per carità, capita a tutti di avere fretta, vuoi perché si deve andare a prendere il figlio a scuola, o anche solo perché si è stanchi alla fine di una lunga giornata. Ci sono alcuni segnali che possono essere colti: ad esempio, quando il cliente vi dice frasi del tipo “non le interessa vedere la zona esterna?”, probabilmente ha colto che abbiamo fretta e non ci stiamo dedicando a dovere alla risoluzione del problema che a lui sta a cuore. Il suo desiderio, in quel momento, è vederci concentrati sul suo problema, anche il nostro rispondere al cellulare lo indisporrà. Un sopralluogo superficiale non consentirà di raccogliere i dati fondamentali, né ci permetterà di fare una buona impressione al cliente. Insomma, un fallimento da entrambi i punti di vista, tecnico e commerciale.

In generale, è bene evitare di eseguire un sopralluogo in condizioni difficili, per esempio quando il buio impedisce di ispezionare bene le aree esterne, o quando non si ha tempo a sufficienza. Purtroppo non sempre è facile rispettare i tempi che uno si è dato, basta un ingorgo o un imprevisto qualunque e la tabella di marcia salta. Se si è fatto tardi, meglio chiedere scusa e rimandare, insistere ad eseguire un’ispezione di scarsa utilità è controproducente.

Nella fase iniziale, è bene stare a sentire quello che dice il cliente, evitando di esprimere giudizi troppo prematuri. Vi esporrà il problema, riferendo inevitabilmente molti fatti e circostanze inutili, che sarà vostra cura sfrondare, ma in mezzo ai quali ci potranno essere importanti indizi per la risoluzione del problema. Cercherà immancabilmente di minimizzare il problema (“penso che sia sempre lo stesso topo”), di attribuirlo ad una causa esterna (per esempio, a dei lavori eseguiti nelle vicinanze), in alcuni casi avrà addirittura già pronta la soluzione, preferibilmente semplice ed economica (“basta mettere un po’ di bustine qui e lì”). Bisognerà fargli capire, con garbo, che il suo compito non è quello di fare le diagnosi né di trovare le soluzioni, ma di aiutarvi a capire come stanno le cose, in modo da poter individuare una soluzione al suo problema.