Rubrica di Dario n.18: Montecristo, come è andata a finire? (Prima parte)

La notizia appare su molti quotidiani e siti web di informazione nel gennaio del 2012: sull’isola di Montecristo, nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, si sta per abbattere un bombardamento di esche avvelenate per eliminare i ratti. Si usano espressioni forti, si parla di bombardamento, appunto, ma anche di disastro ambientale imminente, e così via.

In quelle fasi nessuno -anche chi, come il sottoscritto, ha partecipato attivamente all’intervento- è riuscito a far sentire come avrebbe dovuto la propria voce. Com’era possibile, d’altronde, quando fioccavano esposti alla magistratura, interrogazioni parlamentari bipartisan, comunicati di fuoco di associazioni animaliste e ambientaliste (peraltro solo alcune contrarie all’intervento)?

Adesso che, a più di tre anni di distanza, le acque si sono calmate, proviamo a ragionare insieme su cosa effettivamente è stato fatto e quali risultati si sono ottenuti.

Partiamo dal problema: i ratti sono giunti sulle isole nei secoli scorsi, portati dalle imbarcazioni e diffondendosi rapidamente. È ben noto che essi costituiscono un fattore di grave rischio per gli ecosistemi autoctoni. Nel caso specifico di Montecristo, i ratti esercitavano una predazione spietata sui pulcini della berta minore, un uccello tutelato a livello internazionale, e in declino proprio a causa della predazione dei ratti. Per chi volesse constatare con i propri occhi la veridicità tale predazione, può vedere il video (piuttosto scioccante, a dire il vero, e non adatto alle persone sensibili) girato sull’isola di Pianosa dal Parco Nazionale. Va detto che l’azione dei ratti non si esercita solo sulle berte, ma anche su piante ed altre specie animali, come è stato dimostrato in studi condotti su isole di tutto il mondo.

Il Parco Nazionale, responsabile della tutela delle specie minacciate e degli ecosistemi dell’isola, insieme a Corpo Forestale dello Stato (UTB di Follonica), ISPRA e Nemo srl, hanno messo in campo mezzi e uomini per risolvere il problema, ottenendo un finanziamento LIFE alla Commissione Europea.

Un pool di esperti, di cui ho avuto l’opportunità di fare parte, è stato incaricato di progettare l’intervento, che presentava molte difficoltà, soprattutto a causa delle grandi dimensioni dell’isola (oltre 1000 ettari) e della sua orografia molto accidentata (la cima più alta è di oltre 600 m), con ampi settori dell’isola inaccessibili. Inoltre, sull’isola è presente una popolazione di capre di origine molto antica, e altre specie di uccelli (gabbiani, gheppi, falchi pellegrini, corvi imperiali, etc). Come riuscire, quindi, a distribuire le esche in modo uniforme sull’isola, eliminando i ratti e riducendo quanto più possibile l’impatto sulle altre specie?