RESISTENZA ANTICOAGULANTE IN EUROPA – STORIA, IMPATTO E GESTIONE CON STORM®ULTRA – Dr Adrian Meyer e Sharon Hughes


STORIA E IMPATTO – Di Adrian Meyer

DEFINIZIONE DI RESISTENZA AGLI ANTICOAGULANTI: “La resistenza ad un anticoagulante rappresenta una significativa perdita di efficacia nei confronti di una popolazione di roditori sottoposta al controllo tramite un utilizzo corretto dell’anticoagulante. In questo caso viene selezionato un ceppo di roditori con una sensibilità ereditaria ridotta e commensurabile all’anticoagulante.” Greaves, 1994.

STORIA

Gli anticoagulanti (warfarin) furono introdotti in Europa all’inizio degli anni ’50. Il loro utilizzo ha rivoluzionato il controllo dei roditori, fornendo un metodo molto più efficace per eliminare i roditori rispetto ai rodenticidi acuti precedentemente disponibili.

I rodenticidi acuti: fosfuro di zinco, ANTU (alfa-naftiltiourea), 1080, 1081, tallio, erano relativamente inefficaci a causa della loro scarsa appetibilità, azione più rapida (minuti/ore) e impatto sull’animale relativamente doloroso. Molti roditori non riuscivano a mangiare le esche oppure consumavano solo dosi sub-letali, sviluppando spesso diffidenza verso l’esca e compromettendo ulteriori tentativi di avvelenamento. Anche con il pre-adescamento non era agevole superare una mortalità superiore al 70%.

L’introduzione del warfarin, e successivamente di altri anticoagulanti, ha fornito un mezzo molto più efficace per il controllo delle infestazioni di roditori e, se applicato correttamente, ci si poteva aspettare una mortalità del 100%. Questa maggiore efficienza era dovuta alla natura cronica degli anticoagulanti; generalmente molto più appetibili dei rodenticidi acuti, venivano usati a concentrazioni molto più basse di principio attivo e agivano molto più lentamente (tempo medio di morte 6-7 giorni). Inoltre i sintomi, che comparivano dopo diverso tempo dall’ingestione, sono stati considerati meno dolorosi di quelli dei rodenticidi acuti. Per questo motivo, i roditori non erano generalmente consapevoli di essere stati avvelenati e potevano continuare a nutrirsi per diversi giorni. Ciò ha reso più facile somministrare una dose letale e raggiungere livelli più elevati di mortalità. Alla fine degli anni ’50 altri anticoagulanti oltre al warfarin furono introdotti sul mercato europeo, tra cui il clorofacinone, il difacinone e il cumatetralil.

Sfortunatamente, solo pochi anni dopo il lancio di questi prodotti, alcune popolazioni di ratti (Rattus norvegicus) e topi domestici (Mus musculus) avevano già sviluppato resistenza a questi primi anticoagulanti e potevano sopravvivere anche consumando notevoli quantità di esca. Questi roditori venivano considerati “resistenti al warfarin”, sebbene esistesse un alto livello di resistenza crociata nei confronti di tutti questi anticoagulanti. La diffusione della resistenza ha stimolato la ricerca commerciale di nuovi e più efficaci rodenticidi anticoagulanti e nei primi anni ’70 è apparso sul mercato il difenacoum, seguito poi dal bromadiolone. Al momento della loro introduzione erano considerati efficaci contro le popolazioni di roditori resistenti ai primi anticoagulanti. Per differenziare queste nuove molecole dai vecchi anticoagulanti, è stato coniato il termine “anticoagulanti di seconda generazione (SGAR)” per distinguerli dagli “anticoagulanti di prima generazione (FGAR)”.

Successivamente, negli anni ’80 e ’90, sono comparsi sul mercato europeo ulteriori SGAR: brodifacoum, flocoumafen e, più recentemente, difetialone. Già alla fine degli anni ’70, le popolazioni di roditori furono identificate come resistenti al difenacoum e successivamente anche al bromadiolone. Nel corso degli anni la resistenza al difenacoum e al bromadiolone è diventata sempre più evidente, mentre non è mai stata dimostrata quella al flocoumafen, brodifacoum e difetialone. Un aggiornamento sullo stato di resistenza, paese per paese, è disponibile sul sito Web del Comitato d’azione per la resistenza ai vari rodenticidi (RRAC), https://guide.rrac.info/resistance-maps.html

IMPATTO DELLA RESISTENZA

Nelle prime fasi dello sviluppo della resistenza in una popolazione di roditori, quando compaiono per la prima volta individui resistenti eterozigoti, i trattamenti di controllo possono fallire e danneggiare la reputazione del professionista. Infatti questi individui eterozigoti hanno un allele per la resistenza e l’altro per la suscettibilità. Identificare la resistenza come motivo di un fallimento è spesso difficile e l’unico modo sicuro per confermare la resistenza è eseguire un test genetico sulla popolazione murina.

Il trattamento permanente di popolazioni resistenti ad un anticoagulante è costoso in termini di manodopera e materiali e non produce il risultato prefissato: i roditori continuano a causare danni e diffondere malattie. Inoltre l’utilizzo continuo di questi prodotti su un gruppo di animali non sensibili porta ad un’amplificazione del fenomeno della resistenza, in quanto nel tempo tendono a diventare prevalenti gli individui omozigoti resistenti. In questo caso i roditori selezionati hanno entrambi gli alleli per la resistenza e, quando questi individui colonizzano altre aree, questo fenomeno si diffonde.

La frustrazione per il mancato raggiungimento del controllo può portare ad un utilizzo eccessivo e meno sicuro degli anticoagulanti, con un aumento del rischio ambientale. Nelle popolazioni resistenti, l’uso prolungato dei rodenticidi a lungo termine aumenta il rischio di accesso agli anticoagulanti da parte di animali non bersaglio e può provocare potenziali danni/contaminazione alla catena alimentare umana. Inoltre il consumo continuo di esca da parte di roditori resistenti aumenta la presenza di anticoagulante nel loro corpo con il conseguente rischio di avvelenamento secondario nei confronti degli animali spazzini e dei predatori.


GESTIONE CON STORM® ULTRA – Di Sharon Hughes

STORM® ULTRA E IL CONTROLLO DEI RODITORI RESISTENTI AGLI ANTICOAGULANTI

All’interno dell’UE, dal 1° marzo 2018, le esche anticoagulanti rodenticide vendute per l’uso non professionale devono contenere meno di 30 ppm di sostanza attiva. Le esche contenenti 30 ppm o più vengono classificate come frasi di rischio “H360D – può nuocere al feto” e non sono disponibili per gli utenti non professionali.

Quindi, quale sarà l’impatto di questa riclassificazione sul controllo di ratti e topi resistenti agli anticoagulanti e la futura selezione per roditori resistenti? Per quanto riguarda le esche FGAR queste non sono efficaci a una concentrazione inferiore ai 30 ppm, di conseguenza questa rimarrà solo un’opzione limitata. In riferimento al bromadiolone invece e, in misura minore, anche al difenacoum, vi sono prove di resistenza a questi due principi attivi sia nei ratti che nei topi e l’incidenza della resistenza sta crescendo, anche in aree in cui non si sapeva in precedenza che esistesse. Sembra che più cerchiamo roditori resistenti, più ne troviamo, quindi in questo momento non si conosce la portata della resistenza a queste due molecole. Poiché esistono già problemi di resistenza alle esche con difenacoum e bromadiolone quando il contenuto di sostanza attiva è di 50 ppm, vi è il timore che una riduzione a meno di 30 ppm per questi due attivi possa determinare un’ulteriore selezione a favore di roditori resistenti alle molecole anticoagulanti. Una situazione che non vorremmo si sviluppasse in futuro.

Non c’è resistenza al potente flocoumafen (SGAR), quindi ci si aspetta che un’esca contenente meno di 30 ppm di flocoumafen possa controllare il 100% dei ratti e dei topi resistenti ad altre esche anticoagulanti. Pertanto, BASF ha sviluppato un’esca in blocchi a base di flocoumafen inferiore a 30 ppm, chiamata Storm® Ultra (Storm® Ultra e Storm® Ultra Secure). Questa innovativa formulazione in blocchi:

  • è disponibile in due taglie, Storm® Ultra – esca da 5 g in blocco e Storm® Ultra Secure – 25 g – un blocco fissabile
  • contiene 25 ppm di flocoumafen
  • include un innovativo legante BASF, con prestazioni superiori, al posto della paraffina che consente di utilizzare una maggiore percentuale di ingredienti più appetitosi per i roditori rispetto alle esche in blocchi con paraffina
  • è almeno due volte più appetibile delle principali esche per blocchi con paraffina
  • è abbastanza resistente per non deteriorarsi anche a temperature estreme

In sintesi, Storm® Ultra combina l’appetibilità di un’esca morbida con la durata di un blocco. Pertanto si tratta di un rodenticida notevolmente efficace, nuovo e innovativo rispetto alla già affermata gamma di esche per roditori Storm® 50 ppm. Storm® Ultra fornisce un migliore profilo per la salute umana rispetto alle esche anticoagulanti contenenti 30 ppm o più di principio attivo, ma controlla le infestazioni di roditori, sia sensibili o resistenti agli anticoagulanti*, in modo rapido ed efficace.

Ceppo

Resistenza agli anticoagulanti

(Abbreviazione di mutazione)

Sesso

Appetibilità*

(dati per 5g)

Mortalità (%)

(dati per 5g)

Wistar Sensibile 3.11 (3.35) 100 (100)
11.30 (17.78) 100 (100)
Welsh Resistente ai FGAR (Y139S) 2.16 (2.18) 100 (100)
3.77 (8.33) 100 (100)
Hampshire Tollerante al difenacoum e al bromadiolone (L120Q) 2.41 (4.03) 100 (100)
7.82 (8.08) 100 (100)
Berkshire Resistente al difenacoum e al bromadiolone (L120Q) 2.00 (2.40) 100 (100)
3.38 (4.24) 100 (100)

 

 

I valori sono per Storm® Ultra Secure da 25 g, mentre i valori tra parentesi sono per Storm Ultra da 5 g. Questa tabella riassume i risultati degli studi di efficacia di laboratorio BASF su ratti maschi e femmine di diversi ceppi di R. norvegicus. In questi test di scelta alimentare, ai ratti è stata offerta l’opzione tra una dieta non tossica di controllo (dieta di laboratorio per roditori) e Storm® Ultra. Le quantità consumate sono state registrate. L’Appetibilità è la quantità di Storm® Ultra consumata e divisa per la quantità di dieta di controllo mangiata. Un valore maggiore di 1 indica che è stato preferito lo Storm® Ultra. Come riferimento: l’appetibilità della maggior parte delle esche a blocchi sul mercato varia tra 0,5 e 1,5.

* Secondo i dati BASF

Liberamente tradotto