ZEFIRO 300, NUOVO SISTEMA GERMICIDA PER AMBIENTI CONFINATI

Prima di riportare quelli che sono gli aspetti tecnici di questo nuovo sistema di disinfezione dell’aria ambiente ideato da Colkim, ci sembra corretto effettuare una premessa per inquadrare il contesto di applicazione di questa macchina. Infatti, la situazione legata a questa pandemia che tutti stiamo vivendo, pone l’accento sul problema del possibile contagio nei luoghi confinati e quindi della disinfezione da operare in questi ambienti per renderli sicuri. Tutto questo per permettervi di valutare al meglio quelle che sono le peculiarità ed i possibili campi di applicazione di Zefiro.

Partiamo dal concetto di contaminazione generata dai microrganismi patogeni, comprendendo in questa classificazione anche i virus, che pur non potendo essere considerati dei veri e propri organismi viventi, in quanto non in grado appunto di vivere e riprodursi autonomamente, sono a tutti gli effetti annoverati in questa classificazione. Possono farlo soltanto all’interno di una cellula ospite che può essere di origine batterica, vegetale o animale.

La contaminazione, in senso generale, può avvenire in cinque differenti modalità: per via orale, quindi attraverso il trasferimento della saliva; ematica, attraverso il sangue; per contatto; per via sessuale e per via aerea.

Nel caso specifico dei Coronavirus, la contaminazione può avvenire soltanto per tre di queste cinque vie: per via orale, per contatto e per via aerea; quest’ultima via di contaminazione, quella definita come aerogena, è stata stimata essere responsabile del 25% del totale delle infezioni e di fatto si è rivelata la principale via di diffusione del Sars – Cov2.

Come ormai è risaputo, i coronavirus hanno una morfologia rotondeggiante, con un diametro di circa 0,1 micron (circa 600 volte più piccolo del diametro di un capello umano); sono costituiti da un involucro di proteine, il capside, che è ricoperto a sua volta da una seconda  membrana, il pericapside, sul quale sono presenti delle caratteristiche proiezioni allungate costituite da una particolare e ormai famosa proteina, chiamata Spike, che determina la caratteristica struttura a corona di questi virus. Sono proprio queste proiezioni allungate che consentono al Sars-Cov2 di riconoscere specifici recettori posti sulle cellule ospite che ne permettono l’ingresso e quindi di procedere all’infezione. Naturalmente, il capside racchiude il materiale genetico virale, che nei coronavirus è rappresentato dalla molecola dell’RNA la quale, una volta introdotta, costringerà la cellula ospite a produrre copie del virus infettante.

Ritornando quindi, al concetto di contaminazione per via aerea, l’agente infettante viene veicolato sostanzialmente attraverso la saliva, semplicemente respirando, parlando o, peggio ancora, tossendo o starnutendo.

Questo aerosol di saliva, potenzialmente infetta, è composta da numerose migliaia di goccioline (chiamate droplets) che possono assumere, in base alla temperatura e all’umidità dell’ambiente, dimensioni diverse: quelle più grandi (> 5 micron) possono restare sospese pochi minuti e cadendo infettano in massima parte le superfici, mentre quelle più piccole (< 5 micron) possono restare in sospensione nell’aria diverse ore (anche fino a 3) e sono le più insidiose, essendo responsabili delle gran parte delle contaminazioni. A questo punto è facile immaginare che se con il semplice respiro produciamo tra 50 e 5.000 goccioline, con lo starnuto si arriva a produrne addirittura circa 30.000 che oltretutto vengono disperse, grazie all’impeto dello starnuto, a distanze notevoli se non opportunamente intercettate da una mascherina o dalla piega del braccio.

Descritto, se pur a grandi linee, il possibile scenario di contaminazione, se siamo in presenza di un ambiente potenzialmente infetto si deve procedere alla sua sanificazione.

Nella sua accezione più generale sappiamo che il termine sanificazione riguarda il complesso di procedimenti ed operazioni atti a rendere salubri determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o disinfezione e/o disinfestazione, ovvero mediante il controllo ed il miglioramento delle condizioni del microclima come possono essere la temperatura e l’umidità.

Per quello che ci interessa in questa sede possiamo accennare a due sole azioni fondamentali da compiere, che sono:

  • la pulizia (o detersione), che ovviamente, consiste nella rimozione dello sporco visibile da oggetti e superfici e di solito viene eseguita manualmente o meccanicamente usando acqua con detergenti e/o prodotti enzimatici. Una pulizia accurata è di fondamentale importanza prima di passare alla successiva fase della disinfezione poiché i materiali inorganici e organici come grasso, polvere etc. interferiscono con l’efficacia di tutti i disinfettanti. Considerate che una pulizia accurata di superfici e suppellettili riesce a rimuovere circa il 90% dei microorganismi presenti in un ambiente.
  • la disinfezione consiste in un processo in grado di eliminare la maggior parte dei microrganismi presenti nell’ambiente (sia su oggetti inanimati che, come vedremo, nell’aria), ad eccezione delle spore, forme cellulari specializzate per la sopravvivenza anche in condizioni ambientali avverse che alcuni batteri sono in grado di produrre. I fattori che influenzano l’efficacia della disinfezione sono molti ed includono: la carica organica ed inorganica presente; il tipo ed il livello di contaminazione microbica; la concentrazione ed il tempo di esposizione al germicida; la natura fisica degli oggetti e delle superfici da disinfettare (ad es. porosità del materiale, presenza di fessure, fori, etc.), la temperatura e l’umidità relativa dell’ambiente.

In genere, si focalizza l’attenzione sulla contaminazione delle superfici da parte dei droplets che dopo aver viaggiato nell’aria possono direttamente raggiungere soggetti suscettibili nelle immediate vicinanze, come anche depositarsi su oggetti o superfici che diventano quindi, fonte di diffusione del virus.

Studi sui coronavirus, suggeriscono che il tempo di sopravvivenza di questi patogeni sulle superfici, in condizioni sperimentali, oscilla da poche ore fino ad alcuni giorni, in base al tipo di  materiale interessato, alla concentrazione della carica virale presente, all’umidità e alla temperatura dell’ambiente interessato.

In realtà, viene poco evidenziata la modalità di contaminazione aerea; basti considerare che le particelle più piccole, come abbiamo detto, posso rimanere nell’aria addirittura per qualche ora prima di depositarsi sulle superfici. Quindi, hanno tutto il tempo di posarsi sugli esseri umani presenti o addirittura di introdursi all’interno delle loro vie aeree tramite il respiro.

Pertanto, una corretta ed efficace disinfezione dovrà mirare ad un intervento di tipo integrato che prevede un abbattimento della carica batterica e virale dell’aria ed una sanificazione delle superfici.

Per operare una corretta disinfezione si può considerare l’impiego di due tipologie di mezzi distinti: quelli chimici e quelli fisici.

Nel primo caso si impiegano disinfettanti liquidi, come i Cloroderivati, il Perossido di idrogeno, gli Alcoli sia etilico che isopropilico, i Fenoli, i Sali quaternari d’ammonio, etc.

Mentre nel secondo, i mezzi fisici, vengono compresi sostanzialmente il calore e le radiazioni UV-C, ed in particolari situazioni i filtri HEPA ed i filtri elettrostatici.

L’importante distinzione tra le due categorie è rappresentata dall’impossibilità di impiegare i mezzi chimici in presenza di persone e possono creare ceppi batterici resistenti, mentre i mezzi fisici possono essere usati in presenza di persone e non creano ceppi resistenti.  Unica distinzione è che i raggi UV-C debbono essere opportunamente schermati perché dannosi alla salute.

 

Fig.1

Su quali basi scientifiche poggia la tecnologia di Zefiro?

Zefiro impiega proprio i raggi UV-C per operare la disinfezione dell’aria ambientale.

Nel panorama delle onde elettromagnetiche, generate dal Sole, solo una parte è rappresentata dalla luce che noi riusciamo a vedere (è indicata al centro del piccolo schema di Fig.1), quindi esistono molte altre radiazioni elettromagnetiche caratterizzate da lunghezze d’onda diverse che noi assorbiamo tutti i giorni. Luce che appunto noi non riusciamo a vedere.

Man mano che la lunghezza d’onda si accorcia, cioè ci spostiamo verso sinistra nel grafico, la radiazione è più energetica. Non è indicato in figura, ma dopo le bande dei raggi ultravioletti abbiamo i raggi X (quelli che vengono impiegati per farci le radiografie) ed infine i raggi gamma che sono quelli più energetici, responsabili in parte della morte delle persone durante le esplosioni nucleari.

Quindi, subito dopo la banda visibile abbiamo la radiazione ultravioletta che si divide, sempre in base alla lunghezza d’onda, in raggi UVA, UVB e UVC.

La banda UVA è quella che, per intenderci, ci rende abbronzati d’estate; la banda UVB favorisce alcuni processi fotochimici necessari alla vita come l’assimilazione della vitamina D; la banda UVC è quella che ci interessa maggiormente perché c’è una particolare lunghezza d’onda (circa 260 nm) che ha la maggiore capacità di alterare il materiale genetico delle cellule, e quindi anche quello dei microrganismi, e si può vantaggiosamente impiegare per ridurre la carica patogena presente nell’aria.

Tra l’altro questa lunghezza d’onda è anche relativamente facile da produrre con delle lampade a vapori di mercurio a bassa pressione, purché ovviamente, siano adeguatamente schermate in modo da non investire le persone presenti. Queste radiazioni, infatti possono provocare nelle persone eritemi cutanei, arrossamenti e lesioni corneali, fino all’insorgenza di tumori della pelle in base al tempo di esposizione e all’intensità della radiazione.

Quindi Zefiro aspira l’aria ambiente e, obbligandola a passare in un labirinto forzato dove viene illuminata da una dose massiccia di radiazioni, è in grado di denaturare il materiale genetico di tutti i patogeni aspirati, siano essi batteri, lieviti, funghi, virus e spore con una percentuale di efficienza molto elevata (si arriva ad abbattere il 99,99% dei microorganismi).

Fig. 2

Nello specifico, lo vedete in Fig.2, si tratta di:

– un contenitore simile ad uno split di un condizionatore, che racchiude le sorgenti luminose della potenza necessaria per ottenere il risultato voluto, perché abbiamo la sicurezza che la radiazione non fuoriesca grazie a particolari schermi ottici brevettati;

– un ventilatore, il più silenzioso possibile, che aspira l’aria dalla parte anteriore, dove è posizionato un filtro antipolvere, che evita il passaggio di particelle grossolane che potrebbero creare problemi di efficacia alla macchina;

– infine l’aria aspirata e disinfettata fuoriesce nella parte superiore della macchina.

Quindi, con questa disposizione delle componenti principali, possiamo impiegare tutta la potenza effettivamente necessaria per avere un’azione germicida efficace; al suo interno l’irraggiamento dell’aria avviene lambendo le lampade, dove l’intensità della radiazione è massima. Quest’ultima viene ulteriormente concentrata con l’impiego di specchi in alluminio ottico che riflettono circa il 90% della radiazione totale.

Considerate che l’efficacia delle radiazioni va al contrario con il quadrato della distanza. Cosa significa?

Se si raddoppia la distanza dalla sorgente luminosa non si ha solo la metà dell’efficacia, ma ne ho un quarto, se la triplico ne ho un nono, quindi se ho l’efficacia del 100% a 10 cm di distanza, ad 1 metro avrò l’1%. Quindi, è di fondamentale importanza che l’aria da disinfettare passi il più vicino possibile alla sorgente di luce. Nel caso di Zefiro siamo intorno ai 4 cm.

L’effetto disinfettante è cumulativo:

– se il 90% dei germi viene ucciso in un primo passaggio, il restante 10% al passaggio successivo viene di nuovo ridotto del 90% e così via. Se si lascia funzionare la macchina 24 ore su 24 abbiamo un effetto disinfettante veramente buono.

Inoltre, questa apparecchiatura è stata registrata come Dispositivo Medico attivo di Classe 1. Ovviamente per godere di questa definizione, emessa dal Ministero della Salute, ha dovuto essere scrupolosamente investigata dai tecnici dell’Istituto Superiore di Sanità.

Vi ricordiamo qual è la definizione di Dispositivo Medico: è uno strumento utilizzato in medicina per finalità diagnostiche o terapeutiche. Per intenderci, la TAC è un dispositivo medico. Quindi, è un’apparecchiatura certificata a tutti gli effetti.

 Ci sembra superfluo riportare in questa sede uno ad uno tutti gli studi che da più di 30 anni sono stati effettuati per indagare, capire e come dire dimostrare le interazioni che i raggi ultravioletti, ed in particolare quelli di tipo C, hanno sul materiale vivente. Ormai è risaputo che nelle cellule riescono ad operare tutta una serie di mutazioni, che alla base hanno l’interferenza con le molecole di DNA e RNA (attaccano le basi pirimidiniche in essi contenute)  che costituiscono il materiale genetico delle cellule, cioè quelle molecole che sottintendono alla vita.

Quindi, denaturando queste molecole, qualsiasi essere vivente è destinato a morte certa. Anche i virus, che in questo momento ci interessano da vicino, contenendo materiale genetico e poco altro, sono senz’altro suscettibili a queste radiazioni.

Vi riportiamo solo alcune notizie che riteniamo più salienti a supporto di quanto esposto:

Recentemente alcuni ricercatori dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) in collaborazione con il Dipartimento di fisiopatologia medica dell’Università di Milano, stanno realizzando dei filtri a raggi UVC da applicare agli apparecchi di ventilazione in terapia intensiva. Normalmente queste macchine impiegano dei filtri a membrana HEPA che dopo alcune ore di funzionamento debbono essere sostituiti, con un costo economico ed ambientale notevole.

Infatti, uno dei grossi problemi legati a questa epidemia è che l’aria espulsa ad ogni respiro dai pazienti, carica delle famose goccioline, contamina l’ambiente di degenza.  Si consideri che ad ogni respiro si emette circa mezzo litro di aria contaminata (720 lt/die).  Con l’impiego di filtri a raggi UVC si avrebbe innanzi tutto una disinfezione più accurata, una spesa minore e l’assenza o quasi di rifiuti pericolosi sempre di difficile gestione.

Per quanto riguarda invece l’ufficialità Italiana si riportano integralmente alcune frasi riportate nei periodici rapporti dell’Istituto Superiore di Sanità. Nel n.25 del 15 maggio scorso viene scritto:

La radiazione UV-C ha la capacità di modificare il DNA o l’RNA dei microorganismi impedendo loro di riprodursi e quindi di essere dannosi. Per tale motivo viene utilizzata in diverse applicazioni, quali la disinfezione di alimenti, dell’acqua e dell’aria”.

Ed ancora:

Studi in vitro hanno dimostrato chiaramente che la luce UV-C  è in grado di inattivare il 99,9% dei virus dell’influenza posti in aerosol, e questo è stato dimostrato in studi condotti anche sui virus MERS e SARS COV 1 umani”.

A maggiore supporto circa l’efficacia del metodo, il rapporto conclude con l’auspicabile futuro impiego standardizzato, quindi come procedura di base, nella disinfezione degli ambienti ospedalieri.

Un gruppo di ricerca dell’Università di Milano ha pubblicato i primi articoli scientifici sull’efficacia dell’irraggiamento con raggi UVA-UVB ed UVC proprio sul Sars Cov2, fornito loro dall’Istituto Spallanzani di Roma, con risultati molto interessanti, che dimostrano la straordinaria efficacia dei raggi ultravioletti, soprattutto di tipo C,  su questo virus.

Fig.3

Nella Fig.3 vengono riportate visivamente quelle che potrebbero essere le possibili istallazioni di Zefiro. Quindi, la camera d’albergo, piuttosto che il ristorante, ma anche il bar e soprattutto gli uffici e le sale d’aspetto.

I luoghi di maggior rischio di contaminazione sono gli ambienti in cui le persone stazionano per più ore. Infatti, un possibile portatore del virus, o di qualsiasi altra malattia infettiva, con il solo respiro fa sì che miliardi di agenti infettanti vengano espulsi. Questi microrganismi in un ambiente confinato si accumulano fino ad arrivare a livelli di concentrazione elevati in cui anche una persona, con un sistema immunitario in ordine, ha difficoltà a non contaminarsi.

 

 

Fig.4

È bene riportare (Vedi Fig.4) alcune notizie tecniche della macchina. Solo una merita un piccolo approfondimento:

  • Zefiro ospita tre lampade della potenza di 95 watt ognuna per un totale di 285 watt di cui 243 watt vengono completamente convertiti in raggi UV-C generando una sorgente luminosa molto potente

 

Fig. 5

Ricapitolando quelli che sono i punti di forza della macchina (Vedi Fig.5), possiamo dire che:

  1. Grazie all’impiego di mezzi fisici per la disinfezione dell’aria, Zefiro non diffonde sostanze chimiche che potrebbero, dopo un certo lasso di tempo, creare ceppi di batteri resistenti dando luogo a possibili allergie;
  2. Contemporaneamente i raggi UVC nocivi per la salute umana vengono totalmente schermati, in maniera tale da poter impiegare tutto l’irraggiamento necessario all’uccisione dei patogeni all’interno della macchina;
  3. Non comportando nessun effetto collaterale, la disinfezione può essere effettuata in presenza di persone, per cui la carica patogena viene costantemente controllata, perchè mentre si rilascia viene in massima parte disattivata senza mai raggiungere livelli preoccupanti per la salute umana;
  4. Zefiro necessita della sostituzione del vassoio delle lampade ogni anno ed anche della sostituzione del filtro Hepa ogni 15 giorni. Filtro posto nella parte anteriore della macchina.

Si consideri che la luce UV-C viene emessa per circa 9.000 ore, quindi circa un anno di funzionamento ininterrotto.

Il terzo punto appena riportato, merita un approfondimento:

Se noi abbattiamo la carica patogena dell’aria mentre la sua concentrazione sta crescendo ne avremo sicuramente un vantaggio, si è dimostrato infatti, che i parametri del contagio sono:

il tempo di esposizione al patogeno, ma anche e soprattutto l’intensità del contagio.

Se veniamo esposti a livelli bassi anche se per lungo tempo, il nostro sistema immunitario riesce per così dire a “smaltire” l’infezione, mentre se veniamo esposti, anche se per breve tempo, a livelli importanti, le probabilità di contrarre la malattia aumentano vertiginosamente.

Ora, i sistemi chimici non possono essere usati in presenza di persone, ne consegue che i locali subito dopo l’intervento registrano un costante incremento di contaminazione che aumenta, fino alla sanificazione successiva.  Sapete tutti che l’azione del disinfettante si esplica al momento in cui viene impiegato, la sua azione termina in genere nel giro di pochi minuti. Questo tipo di disinfezioni vengono definite come sistemi ON/OFF proprio perché funzionano per pochi minuti e poi si interrompono. Con l’applicazione di questi sistemi fisici invece, la carica patogena viene costantemente controllata senza mai raggiungere dei livelli preoccupanti.

Una volta posizionato, Zefiro aspira l’aria ambiente dalla parte frontale facendola passare attraverso il filtro anteriore per togliere tutte le particelle di polvere grossolana che potrebbero creare delle microscopiche zone d’ombra ai microrganismi e quindi non garantire la piena efficacia dell’irraggiamento seguente.

Poi l’aria viene fatta passare attraverso le lampade e fuoriesce dalla parte superiore disinfettata.

La macchina è in grado di trattare, come detto, 300 metri cubi l’ora e può essere fornito con un supporto da pavimento per renderlo in un certo senso, portatile in base ai bisogni del momento.

Ma, concentriamoci per un attimo sul discorso del dimensionamento, abbiamo detto 300 metri cubi ora.

Normalmente per assicurare una buona efficacia di trattamento degli ambienti comuni (nelle camere operatorie si arriva a 16 ricambi ora) dovrebbero essere assicurati dai 3 ai 4 ricambi ora, quindi ogni unità sarà in grado di trattare efficacemente, considerando un’altezza dei soffitti mediamente di 3 metri, all’incirca 33 metri quadrati di superficie.

C’è però da operare una distinzione, non tutti gli ambienti hanno lo stesso afflusso di persone per cui avremo probabilità diverse di contagio e questo deve influenzare necessariamente il dimensionamento. Per cui avremo situazioni nelle quali questa metratura potrà essere aumentata ed altre in cui dovrà essere ridotta.

Abbiamo cercato di realizzare, in questa prima fase, una macchina più versatile possibile in modo da poter rispondere alle richieste di una più vasta gamma di utenti.

Colkim ha intenzione, nel medio termine, di creare una vera e propria linea Zefiro, con altri apparecchi di potenze ed impieghi diversificati in modo da poter rispondere a tutte le esigenze del mercato.

Come abbiamo già detto, la manutenzione dell’apparecchio consiste nella sostituzione del filtro anteriore che dovrà essere cambiato ogni 15 giorni, ma questo rappresenta un’operazione molto facile e veloce. I filtri sono esterni, magnetici, per cui con un semplice scatto si opera la sostituzione. I 24 filtri occorrenti alle sostituzioni annuali vengono forniti con l’acquisto della macchina.

Anche il modulo delle lampade deve essere sostituito una volta l’anno ed è compreso nel pacchetto di manutenzione annuale insieme ai 24 filtri.

Zefiro ha una garanzia illimitata; Colkim, in accordo con il costruttore, ha voluto con questa decisione dimostrare la completa affidabilità e qualità della macchina. Ovviamente per macchine la cui efficienza sia stata gestita e garantita dalla sostituzione dei filtri e del vassoio delle lampade.