Rubrica di Mauri N.4: Una coccinella da tenere sott’occhio

Probabilmente nessuno ucciderebbe una coccinella. Porta sfortuna! Rappresenta un simbolo religioso! È utile in agricoltura perché controlla tanti insetti dannosi! Eppure in Italia è presente una specie, Harmonia axyrydis, che sta creando più danni che benefici. Indicata volgarmente come “la coccinella arlecchino”, gli esemplari della stessa popolazione possono avere una colorazione di fondo molto diversa fra loro (gialla, arancione, rossa, nera) così come risulta estremamente variabile la disposizione e il numero delle macchie sulle elitre. Gli adulti vivono di solito 30-90 giorni (in alcuni casi addirittura 3 anni) e generalmente, alle nostre latitudini, sono presenti 2 generazioni all’anno. La larva matura si riconosce per due strisce arancioni presenti sulla parte dorso-laterale dell’addome.

Come al solito la colpa è dell’uomo. Di origine asiatica, è stata utilizzata in passato come insetto utile per la distruzione di parassiti fitofagi, e anche in Nord Italia, verso la fine degli anni 90, ha fatto la sua apparizione, con lanci continui di individui allevati per la lotta biologica nei confronti degli afidi. Purtroppo ben presto ci si è accorti che questa specie, fra le più grandi della famiglia (5-8 mm di lunghezza), non si accontentava di “pidocchi delle piante” ma, particolarmente aggressiva, predava altri piccoli invertebrati, comprese alcune specie di coccinelle, e contribuiva all’impoverimento della biodiversità. Tenete in considerazione che nel nostro paese vivono oltre 130 fra specie e sottospecie di Coccinellidae.

Le prime popolazioni “naturalizzate” sono state rinvenute nel 2006 in Piemonte e grazie alla sua elevata capacità di dispersione, in meno di 10 anni questo coleottero, utilizzando anche il trasporto passivo, ha colonizzato tutta la nostra penisola, comprese le isole e il sud Italia. Più veloce della zanzara tigre! Ebbene questa coccinella è considerata a livello globale fra le cento specie invasive più pericolose e, oltre ad eliminare qualche insetto endemico sconosciuto alla maggior parte delle persone, è in grado di creare problemi anche in ambiente urbano. Negli ultimi anni, alla fine dell’estate-inizio autunno, sono sempre più comuni grossi addensamenti di questa specie che, per superare l’inverno, tende a colonizzare le cortecce di alberi e arbusti di parchi e giardini, le crepe fra i muri e le pietre, i porticati e i balconi, le intercapedini delle finestre, le abitazioni. Il fastidio di questi raggruppamenti è legato al fatto che centinaia, talvolta migliaia di individui, se disturbati oppure per difendersi, emettono dalle articolazione delle zampe un particolare essudato di colore marrone-rossastro (emolinfa) che, oltre ad avere un odore nauseabondo, macchia in maniera irreversibile le superfici e i tessuti con cui viene in contatto. E non è finita: questa sostanza contiene allergeni i quali, nelle persone più sensibili, possono provocare riniti, asma, congiuntiviti, orticarie. Se manipolati, questi insetti mordono gli esseri umani, seppur leggermente, e, quando si riuniscono nei vigneti, attorno ai grappoli d’uva maturi, potrebbero perfino determinare un danno economico, con relativo deprezzamento del vino stesso.

In conclusione un suggerimento ai disinfestatori: se un giorno qualcuno vi contatta per un problema di coccinelle, non mettetevi a ridere! Programmate un sopralluogo e, se l’infestante è la coccinella arlecchino, non abbiate remore: fate il vostro dovere e magari, questa volta, anche l’ambiente avrà un piccolo giovamento. E non vi porterà sfortuna!

Curiosità: I nuovi uffici di Ozzano Emilia

Fortunatamente Colkim è in continua crescita e le idee e i progetti si moltiplicano. Così, contestualmente alla esternalizzazione del magazzino – valutata e concretizzata per avere più spazio e per poter rispondere meglio e più velocemente alle richieste dei clienti -, quest’estate ci siamo dedicati alla ristrutturazione dei locali al piano terra della sede di Ozzano Emilia che avevano bisogno di essere riorganizzati e svecchiati. Gli uffici sono il risultato di un accurato studio dei particolari e niente è stato lasciato al caso: la scelta delle pareti in vetro, per non chiudere e non opprimere, il pavimento tecnico, sono l’ultima tendenza per rendere gli ambienti di lavoro molto luminosi e spaziosi.

Ma spiegarli in dettaglio non renderebbe l’idea quindi vi facciamo fare un piccolo tour virtuale attraverso le immagini che trovate in questa galleria:

Rubrica di Dario n.17: Il sopralluogo, questo sconosciuto (Seconda e ultima parte)

Dal punto di vista tecnico, il nostro obiettivo nel sopralluogo è quello di ottenere le informazioni giuste, senza perdere tempo eccessivo.

Per prima cosa, è necessario capire la natura del problema. Per farlo, occorre rispondere a due domande. La prima: quale specie è presente? La seconda: qual è il luogo di origine degli individui? Quest’ultima può essere così riformulata: gli animali vengono da fuori oppure c’è una popolazione già insediata nella struttura? La risposta a queste domande permette di avere un’idea abbastanza precisa della gravità del problema, e di quanto tempo occorrerà per risolverlo.

Ad esempio, una presenza di topo domestico dovuta ad ingressi regolari, ma senza una popolazione stabile all’interno, è risolvibile in tempi brevi, dopo una accurata verifica delle misure di esclusione. Ci tengo però a sottolineare il senso della parola “accurata”: significa che non bisogna fermarsi alla prima mancanza che si riscontra, ma che va verificata la capacità di esclusione dell’intera struttura. Assai diverso è il caso di una popolazione residente di topi o, peggio, di ratti, una situazione che richiederà un’analisi accurata (vedi sopra) delle strutture interne, alla ricerca dei probabili rifugi e delle fonti di cibo. Anche qui devo farmi delle domande precise: dove mangiano e che cosa? Dove si rifugiano? Che strada fanno per andare a mangiare?

Dal punto di vista operativo, per quanto mi riguarda, nella fase iniziale sto più che altro a sentire, nella seconda faccio molte domande, nella terza eseguo il vero e proprio sopralluogo, facendomi portare nei posti che ritengo più importanti, e interagendo con chi mi accompagna. Ho spesso notato che il cliente accetta di buon grado di dedicarmi del tempo quando mi vede concentrato sul problema, il segnale è che non obietta nulla alle richieste più impegnative del tipo “possiamo aprire qualche erogatore?”, oppure “c’è una scala per ispezionare quel cavedio?”.

Nella mia esperienza, i migliori risultati si ottengono coinvolgendo nel sopralluogo figure professionali diverse, soprattutto (in ordine crescente di importanza) i responsabili del controllo qualità, gli addetti alla manutenzione e chi ha progettato o costruito il capannone o l’edificio. Ognuna di queste figure può contribuire alla risoluzione del problema, il compito del professionista è quello di fare le domande giuste.

Poi ci sono gli strumenti, su cui si potrebbero scrivere pagine e pagine. Come molti altri, anche a costo di apparire banale, io uso sempre questi due: una mappa della struttura, su cui segnare qualunque informazione, dalle tracce di attività alla porta che non chiude; una torcia sufficientemente potente per illuminare gli angoli più bui. Anche una buona macchina fotografica sarebbe fondamentale, ma non è scontato che ci permettano di usarla. Ho visto utilizzare specchietti, telecamere da endoscopia, ginocchiere (utili per chinarsi a guardare sotto i mobili), luci ultraviolette, addirittura cani da caccia. Ognuna di queste cose può essere utile, ma servono a poco se a mancare sono la disponibilità e la capacità di applicarsi alla risoluzione di un problema.Specchio ispezioni

Rubrica di Mauri N.3: Carabidi in città

Le trappole per il monitoraggio delle blatte non sono generalmente selettive, per cui capita spesso di catturare altri artropodi, meno pericolosi, ma che vanno opportunamente segnalati specialmente se lavoriamo in un’area sensibile (aziende alimentari, ospedali, scuole, alberghi). Non è difficile trovare degli insetti scuri, più o meno allungati, dai colori talvolta metallici, con sottili mandibole affilate e che all’occhio del profano vengono scambiati per scarafaggi. Attirati soprattutto dalle luci artificiali, questi insetti notturni penetrano all’interno delle strutture, provocando disagio e preoccupazione nelle persone. In realtà si tratta di coleotteri Carabidae, senza alcuna importanza dal punto di vista igienico-sanitario, e che svolgono la loro attività di predatori a livello del suolo, anche in prossimità degli ambienti urbanizzati. Si nascondono nel terriccio umido, sotto le pietre, in mezzo alla vegetazione. In ambiente naturale la vita di un adulto è di solito inferiore a un anno.

Nel nostro paese sono presenti oltre 1300 specie, ma nelle aree agricole, nei giardini, nei parchi e negli incolti risultano dominanti pochi gruppi. Pterostichus sp., Carabus coriaceus, C. picenus, C. germarii sono grossi coleotteri carnivori ormai poco comuni negli ambienti urbani, mentre sono sempre più abbondanti quelle specie che si sono adattate ad una dieta vegetariana, un’eccezione per questo ordine di coleotteri.

Ad esempio Zabrus tenebriodes, lungo poco meno di 2 cm, è un tipico infestante dei campi di cereali coltivati: gli adulti erodono le cariosside in fase di maturazione, mentre le larve possono rovinare le piantine più giovani e le parti verdi delle foglie. Nelle nostre città le infestazioni sono legate soprattutto al genere Amara (in particolare modo A. aenea) e al gruppo degli “harpalini” (genere Harpalus, Pseudophonus, Ophonus, ecc.). Questi insetti, caratterizzati da un’alimentazione prettamente oppure parzialmente granivora, presentano delle mandibole corte, tozze e smussate, utili per questo tipo di dieta, e naturalmente le loro popolazioni possono crescere in maniera esponenziale se sono disponibili grandi quantità di risorse alimentari come semi di Graminacee e Ombrellifere, spontanee o coltivate. Tale particolare adattamento si riflette nel comportamento alimentare delle larve, in grado di trasportare e di “sgusciare” questi vegetali all’interno di gallerie, profonde diversi centimetri, scavate nel terreno.

Una delle specie più conosciute in grado di invadere in estate le nostre abitazioni è Pseudophonus rufipes, nerastro con le zampe rossastre, noto per danneggiare le fragole nei campi in quanto si nutre degli acheni dei frutti, ma capace di consumare anche semi di altro tipo e piccoli invertebrati. Quando le densità diventano particolarmente abbondanti e le risorse alimentari tendono a scomparire, questi carabidi abbandonano i siti naturali e si avvicinano in gran numero, spesso volando, agli ambienti urbanizzati. Ultimamente un altro piccolo insetto, Carterus fulvipes, ha cominciato a colonizzare campi coltivati di ombrellifere da seme e successivamente, con migliaia di individui, tende ad infestare i centri abitati adiacenti: la regione Emilia Romagna, tramite il servizio fitosanitario, ha addirittura prodotto una nota informativa sulle procedure e comportamenti nei confronti di queste particolari invasioni. Infine un’altra specie, bicolore e legata a prati incolti asciutti e di erba medica, Diachromus germanus, in annate favorevoli può creare grossi disagi, quando di sera, in pianura padana, centinaia di individui cercano di entrare nelle abitazioni vicine. È difficile prevedere queste oscillazioni numeriche di anno in anno, poiché le variabili ambientali (temperature ed umidità, parassiti, predatori, risorse alimentari, ecc.) sono numerose e le interazioni particolarmente complesse. In ogni caso il disinfestatore deve identificare l’infestante, rassicurando il cliente sull’assenza di eventuali rischi sanitari. Poi, se necessario, per diminuire le densità dei coleotteri, effettuerà un trattamento chimico lungo il perimetro e i muri esterni della struttura con formulazioni a base di piretroidi residuali, creando una specie di barriera e tenendo in considerazione che l’infestazione potrà semplicemente essere attenuata, ma non risolta. E come al solito nel tempo ritornerà l’equilibrio, e non sarà per merito nostro!

 

 

 

Casi di successo: Bird Free contro i piccioni di Palazzo Venezia, Roma

Risalente al 15° secolo, nel 1469 Palazzo Venezia divenne una Residenza Papale. Oggi è più famoso per i discorsi al popolo di Mussolini, affacciato dal balcone del Palazzo che si apre su Piazza Venezia. Da lì comunicò la sua dichiarazione di guerra alla Gran Bretagna e alla Francia del 1940.

All’interno di Palazzo Venezia sono stati identificati tre punti nei quali si è reso necessario il trattamento con 小島 Bird Free per eliminare l’infestazione di piccioni: la loggia a forma di L, nel sud-ovest del Palazzo (sinistra); un cortile interno, in cui si trovano le apparecchiature di condizionamento dell’aria (centro); e la loggia, nel sud-est del Palazzo, che si affaccia sul Monumento del Milite Ignoto (destra).

I piccioni si appollaiavano di notte sulle travi della parte sud della loggia a forma di L, nel sud-ovest del Palazzo. Gli escrementi dei piccioni avevano notevolmente imbrattato il pavimento della loggia.

Le sette capriate nella parte sud della loggia sono state pulite. I Vassoi di 小島 Bird Free sono stati installati sulle travi superiori delle capriate distanziati di 20 centimetri fra loro (centro), mentre sulle travi inferiori sono stati posti a una distanza di  25 centimetri fra loro (destra).

I vassoi non sono visibili dal basso.

I vassoi di 小島 Bird Free sono stati posizionati a 25 centimetri fra loro in tutte le piccole sporgenze su entrambi i lati della loggia a forma di L.

Nel cortile interno, i piccioni nidificavano in un armadio situato su un balcone in legno. L’ingresso del mobile è stato bloccato per evitare che i piccioni penetrassero nuovamente e l’intero pavimento del balcone è stato pulito e trattato con vassoi di 小島 Bird Free a 15 centimetri di distanza fra loro. Le travi, su cui si appollaiavano i piccioni (destra), sono state pulite e trattate.

Il parapetto e le attrezzature dell’aria condizionata nel cortile interno sono state pulite dal guano e trattate con vassoi di 小島 Bird Free come precedentemente indicato.

Le incrostazioni sulle travi della loggia nel sud-est del Palazzo evidenziavano  il luogo dove i piccioni si appollaiavano di notte. La parte superiore della capriata  più lontana dalla porta, maggiormente infestata, è stata trattata con vassoi di 小島 Bird Free posti a 20 centimetri fra loro. Le parti superiori delle restanti travi sono state trattate con i vassoi a 20 centimetri di distanza fra loro, un metro su entrambi i lati del vertice. Mentre tutte le restanti parti delle travi sono state trattate con i vassoi distanziati di 25 centimetri l’uno dall’altro.

Si ringrazia per la disponibilità l’azienda Green Chemical che ha eseguito il lavoro.

Rubrica di Dario n.16: Il sopralluogo, questo sconosciuto (Prima parte)

Nella mia attività ho spesso constatato che il sopralluogo è la fase più importante nella predisposizione di un piano di controllo ma, al tempo stesso, troppo trascurata. Il sopralluogo ha indubbiamente una doppia valenza, tecnica e commerciale. Infatti, se da una parte è vero che in tale fase si raccolgono le informazioni più importanti per predisporre il piano di controllo, dall’altra non va trascurato che è in questa occasione che il cliente si farà un’idea della vostra capacità.

Dal punto di vista commerciale, un sopralluogo frettoloso o, peggio, svogliato è quanto di peggio si possa concepire. Per carità, capita a tutti di avere fretta, vuoi perché si deve andare a prendere il figlio a scuola, o anche solo perché si è stanchi alla fine di una lunga giornata. Ci sono alcuni segnali che possono essere colti: ad esempio, quando il cliente vi dice frasi del tipo “non le interessa vedere la zona esterna?”, probabilmente ha colto che abbiamo fretta e non ci stiamo dedicando a dovere alla risoluzione del problema che a lui sta a cuore. Il suo desiderio, in quel momento, è vederci concentrati sul suo problema, anche il nostro rispondere al cellulare lo indisporrà. Un sopralluogo superficiale non consentirà di raccogliere i dati fondamentali, né ci permetterà di fare una buona impressione al cliente. Insomma, un fallimento da entrambi i punti di vista, tecnico e commerciale.

In generale, è bene evitare di eseguire un sopralluogo in condizioni difficili, per esempio quando il buio impedisce di ispezionare bene le aree esterne, o quando non si ha tempo a sufficienza. Purtroppo non sempre è facile rispettare i tempi che uno si è dato, basta un ingorgo o un imprevisto qualunque e la tabella di marcia salta. Se si è fatto tardi, meglio chiedere scusa e rimandare, insistere ad eseguire un’ispezione di scarsa utilità è controproducente.

Nella fase iniziale, è bene stare a sentire quello che dice il cliente, evitando di esprimere giudizi troppo prematuri. Vi esporrà il problema, riferendo inevitabilmente molti fatti e circostanze inutili, che sarà vostra cura sfrondare, ma in mezzo ai quali ci potranno essere importanti indizi per la risoluzione del problema. Cercherà immancabilmente di minimizzare il problema (“penso che sia sempre lo stesso topo”), di attribuirlo ad una causa esterna (per esempio, a dei lavori eseguiti nelle vicinanze), in alcuni casi avrà addirittura già pronta la soluzione, preferibilmente semplice ed economica (“basta mettere un po’ di bustine qui e lì”). Bisognerà fargli capire, con garbo, che il suo compito non è quello di fare le diagnosi né di trovare le soluzioni, ma di aiutarvi a capire come stanno le cose, in modo da poter individuare una soluzione al suo problema.

Rubrica di Mauri N.2: Cacciatrici solitarie…

Parliamo di vespe. Ma non di quelle che vivono in grandi società ordinate e aggressive come calabroni, polisti, vespule, quanto piuttosto di alcuni gruppi di imenotteri aculeati che cacciano le prede in solitudine per fornire il cibo alle proprie larve. All’interno della famiglia degli Sfecidi, si riconoscono facilmente le femmine del genere Sceliphron, insetti allungati con il corpo nero macchiato di giallo, sempre in movimento e che costruiscono i loro nidi di fango e argilla nei punti più strani e bizzarri degli ambienti urbanizzati. In Italia sono presenti 5 specie di queste vespe muraiole dalle abitudini simili, anche se due di queste risultano aliene e in grado di colonizzare il nostro paese già negli anni 90. Una, S. caementarium, è originaria del Nord e Centro America, l’altra S. curvatum, proviene dall’india e dall’Asia centrale. Non si sa bene come sono arrivate da noi, ma molto probabilmente i loro nidi erano attaccati a materiali provenienti da questi lontani paesi. I più temerari fra i disinfestatori avranno provato a staccare queste “celle pedotrofiche” dalle pareti e, incuriositi, rompendo lo strato di fango, si saranno trovati in mano….un pugno di ragni paralizzati! Le madri infatti vanno alla ricerca continua di questi aracnidi, li pungono con l’aculeo velenoso e li trasportano al nido, dove diventeranno cibo fresco per le larve, di colore giallastro. Alcuni studi hanno evidenziato che esistono delle preferenze alimentari, a livello specifico e di dimensioni delle prede. Generalmente vengono catturati ragni di dimensioni medie (4-7 mm di lunghezza) e che hanno un’attività “aerea” in quanto producono la classica ragnatela oppure si nascondono e stazionano sulla vegetazione (fiori, foglie, cortecce). I ragni prettamente “terricoli”, come ad esempio le licose (tarantole) vengono invece ignorati, anche se abbondanti, probabilmente perché difficili da catturare e particolarmente aggressivi. Gli Sceliphron possono pungere, come tutti gli aculeati, ma questo capita di rado e solamente se pesantemente infastiditi e/o manipolati.

Talvolta nei giardini, nei parchi, oppure lungo il margine dei boschi e nelle spiagge ancora seminaturali si osservano delle grosse vespe nere con macchie e strisce giallo/arancio che possono provocare disagio e paura nelle persone che non conoscono questi insetti. Si tratta di imenotteri della famiglia Scoliidae, che raggruppa in Italia oltre una decina di specie, tipiche soprattutto di ambienti caldi mediterranei. I maschi sono più piccoli, con antenne piuttosto lunghe, mentre le femmine, con il capo molto più grosso, possono raggiungere la lunghezza di alcuni cm. Le femmine del genere Megascolia possono superare i 5 cm e sono le vespe più grandi d’Europa: vengono chiamate volgarmente “vespa mammuth”, anche perché, oltre alle dimensioni, sono insetti docili e poco aggressivi, nonostante siano munite di un pungiglione importante. Quindi non dobbiamo preoccuparci se le scorgiamo perlustrare il terreno oppure alimentarsi di polline e nettare sulle infiorescenze, con preferenza per quelle di colore azzurro, blu, violaceo! Sono impollinatori di alcune specie di fiori e addirittura una orchidea selvatica che cresce in Sicilia e in Sardegna, simulando l’odore e la “forma dell’addome” di una femmina della specie Dasyscolia ciliata, è in grado di ingannare il povero maschio il quale, cercando di accoppiarsi, permette invece l’impollinazione alla pianta: nell’Italia peninsulare, dove non è presente questo particolare insetto, l’orchidea si riproduce solamente per via vegetativa.

In realtà il ruolo ecologico di questi imenotteri di grandi dimensioni è la ricerca e cattura nel sottosuolo di larve di grossi coleotteri (scarabeo rinoceronte, cetonie, cervo volante, “maggiolini”, ecc.). Una volta individuata la preda, la vespa, con l’aiuto delle grosse mandibole, scava nel terreno e punge l’ospite, sul quale, ormai paralizzato, depone un uovo: anche in questo caso la larva che schiuderà avrà un pasto sicuro e completo.

È chiaro, da queste brevi informazioni, che le vespe solitarie non sono “pane per i denti” di un disinfestatore professionale, il quale ha il compito di rassicurare il cliente sui reali rischi – praticamente nulli oppure limitati a particolari circostanze – di essere punti. E questi insetti, se non molestati, continueranno a svolgere in natura la loro attività, senza interferire con la vita di tutti i giorni degli essere umani.

Non importa in quale stadio. La vittoria è assicurata!

Scarica il depliant completo.

Ecco gli insetticidi per la lotta alle zanzare:

1 – Diflubenzuron

Igr-inibitore dell’enzima chitina-sintetasi

azioni_diflu

Tutti gli stadi larvali vengono danneggiati ma i più colpiti sono i primi due.

No_Larv_compresse

No_Larv_granuli

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2 – S-Metoprene

IGR – Juvenoide

azioni_Smeto

Particolarmente efficace sugli stadi larvali III e IV

bollo

Larvicol_compresseLarvicol_liquido

3 – CIPERMETRINA – TETRAMETRINA – PERMETRINA – PRALLETRINA

azioni_adulti

Exit100-01

 

Cymina plus

 

Sting-03

 

Permacol 16_2-04

 

 

Rubrica di Dario n.15: La nutria: da intoccabile a bersaglio mobile?

La Nutria è un roditore di origine sudamericana, introdotto nella seconda metà del secolo scorso negli allevamenti industriali da pelliccia di tutto mondo. La sua pelliccia, infatti, era molto apprezzata, ed era nota con il nome commerciale di “castorino”. Da questi allevamenti numerosi esemplari, fuggiti o deliberatamente rilasciati dopo la chiusura, si sono naturalizzati e oggi la specie occupa un ampio areale in tutto il Paese, con particolare diffusione nelle zone pianeggianti e irrigue.

Il problema della Nutria interessa l’agricoltura, con danni di varia natura alle colture, ma anche la funzionalità idraulica dei corsi d’acqua, visto che gli esemplari compiono estesi scavi causando così crolli e cedimenti delle sponde, con problemi di tenuta degli argini. Inoltre, la nutria presenta impatti negativi anche sugli ecosistemi, danneggiando i canneti e i nidi degli uccelli acquatici. Infine, la specie è vettore di importanti zoonosi, tra cui la leptospirosi. Insomma, da qualunque parte la si guardi, la presenza della nutria è un problema.

Nonostante ciò, la specie ha sempre goduto in Italia di uno status invidiabile, quello di specie protetta dalla legge 157/92, non potendo essere sottoposta a interventi di controllo in assenza di specifiche autorizzazioni. Gli agricoltori non potevano quindi difendersi, ma i suoi danni venivano indennizzati dalle provincie o dalle aree protette, enti che, in presenza di impatti ritenuti troppo elevati, potevano comunque attivare piani di controllo.

Nel luglio del 2014, tuttavia, le cose cambiano. Alla specie è stata tolta la protezione di legge, venendo quindi considerata alla stregua di ratti, topi e talpe, e come tale potenzialmente oggetto di controllo da parte di chiunque. Tutto risolto, dunque? Neanche per sogno, anzi, la situazione è più complicata di prima.

Il primo problema è che, non essendo più specie protetta, lo stato non può pagare più i danni alle colture prodotti dalle nutrie. Però gli agricoltori dovrebbero poter controllare le popolazioni di nutria nelle loro aziende, esattamente come fanno con i ratti o le talpe. E qui sorge il problema: con che mezzi possono intervenire i singoli proprietari? Con i rodenticidi? No, non esistono rodenticidi registrati contro la nutria. Forse con il fucile? No, è necessario il porto d’armi ad uso venatorio, e casomai solo nei periodi e nelle aree in cui la caccia è permessa, ma secondo alcune interpretazioni ciò configurerebbe l’uso improprio di arma. Con le trappole? In teoria sì, ma le trappole per le nutrie sono grandi, e ci si espone al rischio di catturare fauna protetta o animali domestici. E poi, come si sopprimono gli individui, e con che costi e modalità gli agricoltori potrebbero smaltire le carcasse di una specie potenzialmente vettore di malattie? Si aggiunga che alcune regioni prevedono anche specifiche autorizzazioni per l’uso di trappole…

In questo pantano normativo, la soluzione che si è voluta profilare da parte del Ministero della Salute e dell’Agricoltura è quella di affidare ai comuni la realizzazione di piani di controllo, come previsto dalla Circolare Interministeriale del 31 ottobre 2014. In queste attività ci potrebbe (anzi, dovrebbe) certamente essere spazio anche per i professionisti del pest control, i quali potrebbero essere tra i soggetti incaricati della gestione di tutte le fasi delle catture, previa partecipazione a opportuni corsi di formazione.

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Rubrica di Mauri N.1: Muri di primavera

Con l’inizio della primavera, quando le giornate non sono ancora troppo calde e il disinfestatore comincia a programmare la sua attività, non è difficile incontrare sui muri e sui tetti ancora umidi alcuni artropodi poco conosciuti, ma che in alcuni casi possono creare fastidio alle persone, mettendo in allarme i proprietari degli stabili. Generalmente i “bruchi sui muri”, pelosi e con notevole capacità di spostamento, appartengono alla famiglia degli Arctiidae (Sottofamiglia Lithosinae). Gli adulti sono farfalle anonime, con colori omogenei, dal grigio al giallastro, che a riposo tengono le ali anteriori, strette ed allungate, molto aderenti al corpo, dando l’impressione di trovarsi di fronte a piccoli bastoncelli di legno. La specie più comune del nostro paese è Eilema caniola che in questi ultimi anni ha evidenziato esplosioni demografiche: le larve, caratterizzate da una serie di tubercoli giallastri circondati da ciuffi di brevi peli, con proprietà moderatamente urticanti sulla pelle, possono arrampicarsi a centinaia sulle pareti esterne delle abitazioni, talvolta penetrando anche all’interno delle case dei centri storici. Questo problema si può osservare soprattutto in luglio – agosto, nei periodi più caldi, ma negli ultimi anni è stato segnalato anche in aprile, con le larve che hanno trascorso l’inverno alla ricerca di un ambiente idoneo per impuparsi e per dare origine, nel mese di maggio, alla prima generazione. La specie in questione, come la altre del gruppo, si nutre di licheni che crescono sulle rocce, sui muri, sui tetti. Di conseguenza queste invasioni sono legate ai parametri ambientali come temperatura ed umidità che agiscono direttamente sulle larve, presenti in microhabitat difficili, oppure sullo sviluppo delle piante nutrici.

Un altro insetto che trascorre l’inverno nascosto in fessure, anfratti sui tronchi, nel terreno, e talvolta nelle abitazioni, è un piccolo coleottero crisomelide, Galerucella luteola, di colore giallastro con alcune caratteristiche striature scure. Verso aprile-maggio gli adulti, lunghi 6-8 mm, lasciano in massa i rifugi invernali, divenendo così particolarmente visibili per raggiungere le piante di cui si nutrono come olmi e salici. Qui si accoppiano e depongono le uova. Le larve, molto voraci, raggiungono la maturità in 15-20 giorni. Durante l’estate compare le seconda generazione, seguita talvolta da una terza in autunno. E sono proprio questi individui a creare scompiglio nelle aree urbane.

Inoltre con i primi caldi i terrazzi, i sottotetti, i davanzali, i lucernari, vengono colonizzati da piccoli organismi rossi, lunghi 1-1,5 mm, molto veloci ed estremamente fastidiosi soprattutto perché se schiacciati macchiano irreversibilmente pareti, vestiti, tessuti. Sono acari (Balaustium murorum) predatori di minuscoli invertebrati che si sviluppano su muschi e licheni aderenti ai tetti, nelle caditoie, nelle fessure dei muri, ecc. La loro comparsa è legata alle superfici riscaldate dal sole; con il sopraggiungere dell’ombra spariscono, apparentemente svaniti nel nulla, per poi ricomparire quando le condizioni favorevoli si ripresentano. In Italia risultano inoffensivi, mentre in altre regioni possono pungere l’uomo, provocando reazioni cutanee più o meno evidenti.

Sempre in questo periodo troviamo invece degli insetti di colore rosso acceso, con puntini neri, che si nascondono nelle fessure e in mezzo alla vegetazione dei giardini. Si tratta di forme giovanili della cimice rossa e nera, Pyrrhocoris apterus, che quando raggiunge la maturità presenta il dorso simile a “una maschera tribale africana”.

Non è facile controllare gli “infestanti dei muri esterni”, proprio a causa dei particolari ambienti frequentati e delle popolazioni particolarmente abbondanti. I trattamenti con insetticidi residuali possono tamponare il problema, ma difficilmente lo risolvono. È preferibile essere chiari con il cliente, senza promettere i miracoli. Anzi, certe volte risulta più utile parlarne, accennando alle problematiche e alla biologia delle specie, piuttosto che intervenendo chimicamente. Potenzialmente otterremo dei vantaggi significativi di immagine che a lungo termine si potranno trasformare in risorse economiche. D’altra parte questi piccoli invertebrati, così come sono apparsi, altrettanto improvvisamente tenderanno a scomparire e a non interferire più (almeno per un po’!) con le attività umane di tutti i giorni.